Cristina Renzetti, “Dieci Lune”: la recensione

cristina renzettiConosciuta in ambito jazzistico per la sua intensa attività live e con alle spalle una lunga carriera tra Italia e Brasile ricca di riconoscimenti come interprete e autrice di musica brasiliana, Cristina Renzetti con Dieci Lune si presenta per la prima volta al pubblico italiano come cantautrice. Dodici brani con la direzione musicale del celebre contrabbassista Enzo Pietropaoli che raccontano un tempo d’attesa.

Cristina Renzetti traccia per traccia

Nuvole e sole apre l’album con una tranquillità ritmata, coniugando idee melodiche con ritmiche contemporanee. Sguardo più classico per Relativista, che sceglie un linguaggio colto, per un brano morbido e liscio, condito da un assolo di chitarra elettrica.

Mana Clara si fa anche più sottile per suggerire un discorso narrativo dal sapore sudamericano e malinconico. Fuori sede è aperta dalla tromba e prosegue con qualche pizzico di ironia, anche in questo caso optando per un registro da racconto breve.

La rondine pone una sfida considerevole: la canzone è cantata, almeno nella prima parte, a cappella, senza l’ausilio degli strumenti, che entrano sottovoce soltanto in un secondo tempo. Comunque la voce di Cristina rimane al centro e sbriga la faccenda con ammirevole disinvoltura.

Torna la chitarra elettrica ne La polvere e la spina, che ha un sapore sostanzialmente rock, benché piuttosto ricercato. Dopo una morbida ma agile Anime Semplici, ecco La mia casa, notturna e leggermente inquietante, anche a causa del cantato volutamente tremolante. Si sbarca in zone tropicali con l’allegra Finis Terrae, prima veloce e sussurrata, poi più lenta e aperta.

Si arriva a Il tempo d’attesa che fa registrare una sorta di alba sonora, con suoni che balenano all’orizzonte e crescono piano piano. Si affrontano discorsi sentimentali in Faccia di ragazza, altro pezzo meditativo e levigato.

Disco di livello per Cristina Renzetti, che riesce a trasmettere emozioni diverse distribuendo calma e moderazione e senza mai avere la necessità di alzare la voce. Si chiude con la semplicità di La montagna, solo per voce e chitarra, altro racconto soffice e intimo.

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