10 canzoni da ascoltare quando vi mancherà l’inverno
del signor Uffa
Adesso tutto ok perché anzi, quando c’è un giorno di sole ce lo godiamo al massimo, ma poi sapete lo stress di non sopportare neanche di alzarsi la mattina tutti sudati, la sabbia ovunque per giorni, e il caldo torrido, l’ammasso delle persone in metropolitana, iperattività da zucchero nelle granite e appiccicume ovunque. L’estate sta arrivando e non sarà per niente clemente. Segue quindi una playlist di dieci canzoni, rigorosamente invernali, che vi saranno di sollievo nel momento del bisogno (prevediamo tra luglio e agosto). Brrr…
Jesse The Faccio – Inverno
Quello di Jesse The Faccio è un inverno che sta per finire, in vista delle prime comunioni e dei festival estivi di provincia nei parcheggi. Insomma, la carica giusta per chi si arrende con il freddo in vista della bella stagione, e dell’ispirazione. Jesse The Faccio (che a parte quel The che originariamente è un The è in realtà un nome vero), unisce abilmente influenze musicali nordamericane (Ariel Pink, Mac DeMarco etc…) al retaggio dei più grandi cantautori italiani, ed è un po’ l’unico in grado di farlo in questo 2019 musicalmente bulimico. Da non perdere!
Ministri – Inverno
Cover di Fabrizio De Andrè. Rappresentazione alcolica, andante e nasale di un capolavoro. Una versione emotiva, che descrive di chi se ne va, e chi nonostante tutto continua a rimanere. Un cuore spezzato che si rigenera come le stagioni. La voce del buon Divi si adatta perfettamente a un brano immortale e, se mai si può dire una cosa del genere (se non si può dire non continuate a leggere che poi ci rimanete male), lo migliora rendendolo di una malinconia straziante e pura.
Colombre – Blatte (ft. IOSONOUNCANE)
Con questo freddo, che mi hai messo addosso, non mi riconosco.
Qualche anno fa questo brano rimbalzava su ogni bacheca di Facebook di qualsiasi indie-depresso dell’internet. Era il periodo in Colombre parlava a chiunque avesse appena superato una rottura, a chiunque si fosse convinto di non provare più niente. Non troverete brano più invernale di questo, freddo, brutale. La presenza di Iosonouncane, con i suoi gorgoglii elettronici, rende tutto ancora più oscuro, come quelle giornate invernali in cui sembra sempre notte.
Legno – Febbraio
Si torna a febbraio, in una grigia routine di cene con i genitori, le giornate a pensare solo cosa fai tu, il vino rosso che ci bevevamo continuamente prima di crollare. Cercarti, ma non trovarti più nei soliti posti. La capacità dei Legno di raccontare finite in parentesi di quotidianità è qualcosa di immenso e bellissimo che è ben evidente nel loro album d’esordio Titolo Album, un album it-pop che in realtà nasconde una maturità e malinconia rara e triste. Un nome che potrebbe piacere anche a chi di it-pop non ne può più sentire neanche parlare, un febbraio che più triste non s’è mai sentito addosso. Non adatto ai deboli di cuore!
Giovanni Truppi – 19 Gennaio
Giovanni Truppi è un personaggio strano che è sempre fuori luogo, che si potrebbe assimilare alla scena indie a tutto quel marasma da Mi Ami, ma che allo stesso tempo è un po’ a sé, outsider magro e sgraziato, con un animo lacerato. 19 Gennaio è il racconto, logorroico e bulimico, di un primo incontro, invernale, grigio, arrabbiato, triste, quando è tutto un po’ più impostato e non si hanno in mano i mojito in spiaggia delle 5 di pomeriggio. Tutte le domande che ti frullano in testa, e quelle cose che vorrei dirti in faccia quando mi è mancato il coraggio. Chiacchiere interiori sotto le coperte per chi dice di non ascoltare indie.
Inigo – Come quando nevica
Inigo, o anche il cantautore rock più sottovalutato della scena. Una penna abile, che descrive la mancanza, quegli abbracci che si danno al freddo quando fuori fa freddo. Un ritornello che prende tutto e non lascia andare, un brano nascosto ben bene a cui, tristemente, non è mai capitato di diventare un singolo, un brano intimo, sentito, straziante, di quelli che ti sanno descrivere come pochi altri. Insomma, se questo brano fosse un film, sarebbe un mattone commerciale che vince tantissimi Oscar, che tutti snobbano ma che ha fatto piangere anche il cugino senza sentimenti.
I Cani – Il Posto Più Freddo
Storia di un letto vuoto, di chi ha orari sballati, di chi è dipendente dalla serotonina, di chi ha orari sballati, e si spegne sotto il piumone. Di chi elemosina attenzione, di chi sa di non meritarsela e la chiede timidamente, di chi ha vissuto un inverno da solo, di chi sta male e muore di freddo continuamente. Probabilmente uno dei brani divenuti più celebri di un progetto tra i più tristi e devastanti della scena indie. Sì, non sarà facile raggiungere tali livelli di disagio. Per amanti non corrisposti, e tutti quelli che amano spaccarsi di musica triste per sentirsi rappresentati.
Jesse The Faccio – Gennaio
Cover dei Diaframma. Jesse sembra avere una bella passione per l’inverno, insomma. Storia di quando si fa baldoria d’estate, di quando ci si innamora, di quando poi cambia tutto, e si decide che non è importante, e che si può ricominciare in un nuovo appartamento in affitto. Jesse e i suoi ne hanno fatta una bellissima versione, così malinconico-sbarazzina che la prima volta che l’ho ascoltata, distrattamente in questa stupenda iperscelta che offre Youtube, non aveva inteso subito si trattasse di una cover. Se non avete mai ascoltato Jesse The Faccio, potreste iniziare da qui.
Cosmo – Dicembre
Storia di te, che hai sempre odiato dicembre e il buio alle sette di sera, che ti fa sentire sola, tu che non parli più neanche più con tuo padre. Un tappeto elettronico cittadino, uno dei brani più belli di quest’album immortale di Cosmo, prima che si cadesse nell’eccesso. Per chi balla a prescindere, per chi dorme con le dr. Martens e la mattina non si ricorda da quanti giorni sta indossando questo maglione. Alle storie turbolente e tristi, a chi si dimentica di richiamare, a chi si perde in giro.
Nada – Ma Che Freddo Fa
Chiude questa freddissima playlist, la storia universale di una ragazza dal cuore spezzato, raccontata dall’inconfondibile voce spezzata di Nada. Per quando ci sentiamo come un albero senza foglie, come quando ci si sente svuotati di tutto, e che niente a senso, senza quell’amore disarmante e totalizzante che è sempre il peggiore, sofferto, intenso e, come sempre, non corrisposto, che quando c’è è tutto, e quando non c’è… è freddo.