10 tra le migliori band che abbiamo ascoltato nel 2024
Forse è colpa dei Maneskin, o forse il romanticismo che si porta dietro una band non è mai venuto meno: l’immaginario del furgone, la complicità in camerino, lo spirito di squadra e la contesa dei fan, che ognuno ha il suo preferito per diverse ragioni. In questo 2024 ne abbiamo viste parecchie di band, da quelle rock che emergono dalla scena indipendente, un pub alla volta, a quelle passate da X-Factor, da quelle che non avete mai sentito nominare, a quelle che avete visto ai festival più importanti, quelle che dovreste consigliare, e quelle che vanno costudite, per gli ascolti solitari. Ne abbiamo raccolte per voi una decina, tra le migliori che hanno pubblicato del materiale nuovo in questo anno iper produttivo.
Pronti o no, il nostro consiglio è di alzare il volume.
Tragic Carpet Ride
Se cerchi su Spotify i Tragic Carpet Ride troverai soltanto un paio di singoli, per ora: Non è la stessa cosa e Buio. Ma se ti è capitato di bazzicare i locali del Piemonte e non solo, forse sarai incappato nella strana e magica atmosfera che questo trio torinese è capace di creare, con l’aiuto per lo più di chitarra, basso e di una batteria con numerosi “trucchi”. Con un ep in arrivo a gennaio, la band di Filippo Zimarro è pronta a dare il via a una serie di uscite che sicuramente cattureranno gli amanti della psichedelia, dei Tame Impala, delle arie fluida e quasi timide che poi diventano improvvisamente robuste ed elettriche. La scelta di cantare in italiano, a dispetto di influenze palesemente internazionali, regala quel tocco in più di interesse al progetto, alle sue malinconie e al suo dinamismo sonoro.
Di Notte
Da Bologna, i Di Notte sono uno dei quei progetti che esistono da poco, ma che ci sembra di aver portato dietro da sempre: nel nostro walkman, in un CD masterizzato dal compagno di banco, la compagnia delle trasferte verso Milano, quando frequentavamo la Fiera di Senigallia, il post-punk che veniva solo dall’Inghilterra e che ricercavamo ossessivamente anche nelle band nostrane. I Di Notte sono un manifesto generazionale, a noi che ascoltavamo gli stessi dischi per ore, a noi che andavamo dal parrucchiere con la locandina di Quadrophenia, noi che cercavamo i jeans stretti e che prendevamo freddo, pur di essere cool, quando nessun ancora pensava lo fossimo. L’uso dell’inglese, contro ogni tendenza ed esigenza di mercato, contro ogni dinamica delle playlist Spotify, come un omaggio a noi che abbiamo quarant’anni o forse più, ma rimaniamo lì, ad ascoltare i Joy Division e i Blur. Degli amici che non sapevamo di avere, e che dovreste veramente ascoltare perché il loro album omonimo è tra i migliori di questo complicato 2024, pieno di musica che non ci racconta più.
Lady and the Clowns
Amano farsi foto un po’ truci, molto metal, ma in realtà Lady and the Clowns, terzetto proveniente da Roma, ha un’attitudine al crossover piuttosto spiccata, come dimostra un repertorio già ricco di spunti curiosi, come la cover de La notte vola di Lorella Cuccarini. Se la base del trio è il rock, cantato a volte in italiano e a volte in inglese, le derive che il loro sound prende viaggiano in direzioni decisamente diverse, dal funk alla disco, senza particolari preclusioni o steccati insuperabili. Hanno un disco in arrivo a inizio 2025 e sarà l’occasione per mettere in campo qualche punto fermo in più e per affermarsi come una realtà stabile e molto promettente, anche se non soprattutto come live act.
Il Triangolo
E a proposito di manifesti generazionali, non possiamo che parlare anche de Il Triangolo. Una band attiva dal lontano 2012, e che si portata dietro tutta l’adolescenza che abbiamo passato al Miami, a guardare i concerti dalle sbarre esterne del Magnolia, senza mai pagare, che ci sembrava incredibile aver scoperto una band rock, che non fossero i Ministri o gli Zen Circus, prima di tutti gli altri. E la cosa che ci piace di questa band che non sembra aver perso il mordente e che non è rimasta ferma, a scimmiottare quelle estati lontane, ma che ci parla delle discoteche che non frequentiamo più, di cosa significa immaginare di essere genitori, a sognare l’America ma rimanere a Varese. Quest’anno, Il Triangolo ha pubblicato una piccola schiera di singoli che ci raccontano l’età adulta con un rock che non è arrabbiato, ma che ci fa ancora sentire molto fighi, imbottigliati nel traffico di Milano. Non vediamo di ascoltare il nuovo disco!
Ave Quasàr
L’ultimo singolo degli Ave Quasàr nasce in un’arnia: BQ4 – Worker Bee è infatti una sonorizzazione che parte da un microfono all’interno di una “casa” delle api, per trasformare il ronzio in suono e da lì procedere verso un universo tutto da esplorare. E’ questo soltanto l’ultimo degli esperimenti che Luca e Fausto, duo di Alessandria che affonda le radici nella migliore elettronica tedesca e inglese degli anni Zero, nei coraggiosi dischi dei cantautori italiani anni Sessanta e Settanta e nelle più belle sperimentazioni e divagazioni della musica strumentale, ha portato a termine. A un universo di algoritmi, numeri e regole ferree per rientrare in playlist e per scalare i social, gli Ave Quasàr rispondono con un mix unico di generi, che vanno dall’alternative rock alla techno fino ad arrivare a tessuti sonori suggestivi derivanti dalla moderna film music. Incatalogabili, senza genere, senza posto.
Cecco e Cipo
E loro sicuramente ve li ricordate da quella memorabile partecipazione a X-Factor, dove ci avevano fatto innamorare (noi e Victoria Cabello) con la loro Vacca Boia, e divennero il simbolo che per essere dei sexy symbol della scena indie forse gli ingredienti erano piuttosto semplici: la provincia, delle camicie rubate dall’armadio del nonno, un accento toscano che non si può raschiare via neanche con il più lungo degli Erasmus, e il giusto senso dell’umorismo. E forse, come noi, li avete persi per strada e se vi state domande che fine abbiano fatto la risposta vi sorprenderà: gli ingredienti del loro incontrastabile fascino rimangono tutti e se ne aggiunge uno molto importante: vanno bene le vacche, ma sono le benvenute anche le canzoni d’amore, quelle sfacciatamente dolci, che si sussurrano prima di andare a dormire, che si spogliano delle produzioni più complicate, e vivono di un’anima dolcissima e intima. Si ha quasi la sensazione di essere di troppo, quando ascoltiamo questo loro bellissimo doppio singolo (che speriamo abbia presto un seguito) dal titolo Le mirabolanti avventure di Cecco e Cipo su Plutone, per l’amore bellissimo e personale che viene qui comunicato.
Stornavanti
E di scena romana si è parlato parecchio in passato, ma adesso chi è lontano dalla capitale non ha più ben idea di che cosa stia succedendo in quell’underground che non ha più niente a che fare con Carl Brave. E se ve lo siete mai chiesto, che cosa stia accadendo a Roma e nei suoi sottoboschi, la risposta che vi diamo oggi è Stornavanti. Un progetto incredibile, che richiama a quella scena emo: le Vans a scacchi e Tim Burton come regista preferito, l’Eastpak sulle spalle e una vita di malinconia, con una inevitabile rabbia come maschera alla vita di malinconia. Nel nuovo singolo “Come Tyson” la ricetta è proprio questa: l’adolescente in noi esige oggi un progetto come quello di Stornavanti anche nella vita reale, dove rock e rap si piacciono, dove presente e passato dialogano incredibilmente bene, e i nostri quindici anni non ci sembrano così lontani perché sono qui, in un singolo che richiama i poghi nei centri sociali, le serate lontane passate solo a pensare alla versione di latino del giorno dopo, con l’urban che invece ci riporta alla realtà, che siamo adulti, abbiamo un lavoro e non abbiamo il coraggio di buttare le vans.
Riforma
Siamo contenti anche di questo ritorno, di una band che sembra arrivare da un tempo lontano, quelle lontane dai social (ci dicono che hanno fatto Instagram da poco, non hanno mai impostato un link personale su FB, e ancora non si curano di algoritmi e numeri, probabilmente), lontano da una scena che sembra mangiare se stessa sugli schermi dei Talent e nell’illusione di un attimo di gloria. I Riforma, forse a partire proprio dal nome, propongono un cambio delle regole: viva la lunga gavetta, prima dei numeri, viva rimanere insieme per anni, anche venti o trenta anni, a prescindere dai figli, dai mille cambi di vita e di tempi, una band che sia il fil rouge di una vita, da quando si è ragazzini ad oggi, che sembra non esserci un senso a niente. E questa band, che viveva sotterranea dagli anni Novanta, torna timidamente con una cover: “Le mie parole” di Samuele Bersani. Un brano di altri che porta dietro una storia, quella di macchinata in solitaria, quelle dove nessuno ci giudica e possiamo ascoltare a ripetizione lo stesso brano, come se non avessimo alternative, come se dovessimo assorbire ogni parola. E in tal senso, non c’è canzone migliore di un segreto: quella canzone che urliamo quando nessuno ci guarda, e i Riforma tornano proprio così, con una cover personale e urlata, e in tal senso non c’è niente di più intimo di una cover.
E che sia di lezione a chi cerca l’intimità forzata, la pornografia del dolore, e la malinconia a tutti i costi. A volte, per essere se stessi, basta cantare uno dei nostri brani preferiti, come hanno fatto i Riforma.
La Monarchia
E non possiamo mentire. C’è una parte di noi che amerà sempre il pop mascherato da rock, quei ritornelli, quelle chitarrine, le macchinate a urlare brani che sono dei veri e propri tormentoni, ma con quella patina aggressiva e alternative, da condire con spintoni sotto palco e matita nera sotto gli occhi. È stato il caso di quando abbiamo ascoltato i Ministri, i Fast Animals And Slow Kids, gli Zen Circus e chi più ne ha più ne metta, e se, come noi, non ne avete mai abbastanza, dovreste proprio ascoltare La Monarchia: quel concentrato nostalgico e trascinante di rock e amori mancati, che piacerebbe anche a vostro padre (che forse vi ha fatto ascoltare dei gran bei dischi rock, e che forse non avete mai ringraziato abbastanza). E in questo tornare ai nostri ascolti primitivi, prima che arrivasse Spotify, prima che arrivasse l’urban e prima che Sanremo fosse qualcosa che ci interessava davvero, sta nel nostro diventare grandi.
“Qualcosa di diverso” è il nuovo singolo di questo progetto incredibile, il primo di quattro, di una serie che ci aiuterà a ritrovarci tutti, adulti, invecchiati, ma ancora con un debole per le chitarre.
Nolo
E ogni tanto vi parliamo di loro i NOLO, sotterranei alla scena indipendente di Milano, che timidamente ritraggono la loro città fatta di intimità, amore e luci notturne. Di recente, hanno pubblicato un nuovo singolo dal titolo Sottovoce che con andamento pop, bagliori elettronici e un’inevitabile influenza dalla grande scuola del cantautorato. Questo brano, in particolare, ci racconta quella sensazione, quel sottofondo inevitabile che ci accompagna ogni volta che ci troviamo a vivere in una grande città, che sia per qualche giorno, qualche mese o per sempre, da sempre, in una grande città ci sentiamo persi, schiacciati, e non sappiamo come farci valere, quando farci valere: il dating, il lavoro, le amicizie che si mischiano con le precedenti. “Sottovoce” è per tutti noi, cittadini mondani che vivono sottovoce, sottotono e si accompagnano con le cuffiette, a mettere la colonna sonora più malinconica possibile, ad una vita malinconica. I Nolo, band che prende il nome proprio da un celebre quartiere di Milano, parlano a tutti gli spaesati freddolosi che fanno tardi la sera, e non sanno neanche perché, e non lo dicono ad alta voce.