Gazzelle, “Dentro”: Recensione E Streaming

Quarantasettemila persone allo Stadio Olimpico hanno festeggiato la consacrazione di Flavio Pardini, in arte Gazzelle, che ha pubblicato da poco il suo nuovo album Dentro. Dodici canzoni, lasciate libere di correre nel mondo e nelle cuffie dei fan in due diverse tranche: le prime sei sono arrivate de botto e senza senso quasi un mese prima dell’uscita ufficialea spaccare cuori e a far entrare in crisi noi poveri ascoltatori che non ci siamo mai realmente ripresi dai tempi di NMRPM e che ancora vogliamo farci del male insieme a quel ragazzaccio romano con gli occhi coperti da stelline, come ai tempi degli esordi. 

All’interno del nuovo lavoro, Gazzelle continua a esplorare il quotidiano con il solito approccio preso male e fatalista insieme che ha caratterizzato il suo lavoro in questi anni: insieme a lui ci sono tre ospiti d’eccezione, Fulminacci, thasup e Noyz Narcos che sono protagonisti di altrettanti brani, diversi tra loro ma legati dalla stessa essenza pop contemporanea e fresca.

Gazzelle traccia per traccia 

È tutto a posto, anche se ora ha un costo, ora tutto ha un costo / come la mia faccia piena di “mannaggia”

Ricordi, domande e lacrime: Qualcosa che non va apre la porta a questa nuova avventura discografica, che sembra però andare a pescare nelle certezze della produzione artistica di Gazzelle. C’è la malinconia, ci sono i dubbi e le sensazioni che prendono spiacevolmente a pugni lo stomaco senza lasciare troppe risposte. Il sound è tipicamente quello a cui l’artista romano ci ha abituati, un pop non troppo sintetico che lascia spazio alla vocalità particolare e personalissima di chi canta. 

E se il mondo finisse domani / se arrivassero gli americani / Io vorrei stare con te

Singolone già estratto, arriva IDEM, dichiarazione d’amore a ogni costo che vede protagonista una relazione che vuole, può e sa resistere a guerre, attacchi nemici, tirannosauri e altre varie catastrofi. Un ritornello che si presta a essere cantato a squarciagola sia sotto al palco sia sotto la doccia, resta una delle conferme del disco per tutti i fan della prima ora. 

Vorrei morire / ma non mi va

Il presomalismo permane nell’essenza e si prende il suo legittimo spazio in E pure…, in cui vengono sciorinate tutte le situazioni in cui sarebbe stato meglio dormire invece che soffrire dentro, fuori e tutto intorno. C’è sempre qualcosa che ci tiene a galla, però, che ci fa dire vedrai con il tempo passerà. Forse.

E sento voci nella testa che non stanno zitte mai / più strillo più non mi sento vorrei solo che tutto il tempo

È andata come è andata continua a dare ginocchiate nello stomaco e a riprendere i discorsi che si erano fatti avanti nella traccia precedente. Non si riesce a capire quale sia l’origine del male che affligge Gazzelle, ma spesso e volentieri non riusciamo neanche a capire quale sia l’origine del nostro, di male, quindi forse stiamo pretendendo troppo. Possiamo cantarci comunque su, questa volta scomodando un po’ più i synth e lasciando andare, come spesso provano a insegnarci le persone sagge. 

Voglio pace nei pensieri / vorrei fosse domani per ricordarmi come stavo ieri

Ecco arrivare thasup a dare una mano a Gazzelle per trovare un dignitoso finale a una relazione che non balla più. In Quello che eravamo prima si comprende molto bene che indietro non si torna, che le paranoie non aiutano le relazioni e che il connubio tra il cantante e il produttore funziona molto bene per le orecchie e per le classifiche. 

Comunque vada arrangiati / la mia vita è fatta di sogni grossi

Inno a se stesso o mega tentativo di incoraggiamento corale, Flavio tiene botta nonostante tutte le cose che sembrano non essere comprensibili e tutti i dubbi che frullano in testa. Giorni vuoti e relazioni discutibili anche qui, che sembrano essere la costante di ciò che accade nella vita di Gazzelle e spesso e volentieri anche di chi lo ascolta, ahimè.

Non lo dire a nessuno / quando sei felice e ti senti al sicuro

Non lo dire a nessuno è il brano destinato a essere icona dell’intero album: Io mi sono bevuto tutto è l’urlo liberatorio di chi prova a ingoiare rospi, cattive sensazioni, malinconie e follie. Difficile capire se ci riesca sul serio, ma quanto è bello poter cantare a squarciagola un ritornello triste rendendosi conto che quel groppo in gola non è solo tuo?

Io non lo so quante volte ho girato di notte perdendomi / però scomparire è più facile che riapparire

Arriva Fulminacci per cantare insieme a Gazzelle Milioni, per una nuova mirabolante impresa di stare in piedi e di trovare la forza di sorridere anche quando non sembra ci siano grandi motivi per farlo, tra frasi fatte e viaggi mentali. 

Per ogni momento che m’hai regalato / e tutte le notti che m’hai tolto il fiato

L’ultimo feat. del disco è Roma, in cui Noyz Narcos è complice di una descrizione viscerale e appassionata della città che è da sempre controversa per chi la vive, la abita, ne è figlio. Complessa, soffocante, furiosa e bellissima, la capitale è in grado di far cambiare toni e pensieri, di spostare l’attenzione verso la cornice delle storie cantate finora. 

A volte passa in fretta, a volte resta com’è / quel senso di inadeguatezza che ti cade dagli occhi

Senza picchi di entusiasmo si procede verso la fine dell’album: Michelino racconta di qualcuno che riesce a demolire sogni, a sminuire dischi, a lasciare libri non letti e a incassare botte senza rimanere ferito… ma che poi è in grado di fuggire quando il mood si fa pensante. 

Perché non sono mica abituato, sai / a stare così bene che fa quasi schifo

Qualcosa può anche andare bene, a volte e con molta cautela: così nasce La prima canzone d’amore di Gazzelle, la prima in cui c’è un sentimento reciproco, presente e corrisposto, in cui c’è una persona a cui dedicare parole, pensieri, gesti e in cui trovare rifugio durante le tempeste. 

E tu potevi fare meglio, comportarti meglio di me / che stavo già male più male di te 

La felicità, si sa, è un battito di ciglia: ecco quindi che in chiusura arriva LPPBDS, ovvero La primavera più brutta di sempre: la bolla di serenità che ha visto Flavio felice da far schifo torna a essere un miraggio. Anche nell’ultima traccia si torna a soffrire, a ricordare e a provare smarrimento, rancore, dolore. 

Di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia: dagli esordi timidi, fino al successo nella nicchia dell’indie pop e al traguardo impressionante dello Stadio Olimpico, Gazzelle ha continuato a essere se stesso, a scrivere di quel pensa, succede, sente senza sosta, senza filtro. La capacità di creare hit è ormai innegabile, la sorpresa di sentirlo accennare parole romantiche e positive allarga gli orizzonti, anche se non c’è nulla che faccia saltar sulla sedia dallo stupore e dalla meraviglia. Ed è un peccato.

Genere musicale: cantautore, itpop

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