Già anticipato dai due singoli La noia e Una canzone, esce su tutte le piattaforme digitali La repubblica del bilocale, il nuovo album di Angelo Romano. Primo album in italiano dopo diversi episodi in inglese e siciliano, La repubblica del bilocale nasce dall’urgenza di presentare la sua visione artistica attraverso l’uso della propria lingua madre e dalla coincidenza del suo rientro in Sicilia dopo 15 anni in giro all’estero.
Malgrado ciò, rimane pur sempre un album internazionale, composto e registrato in toto tra Berlino e Barcellona e caratterizzato da una vena tanto eterogenea quanto cosmopolita, tra le narrazioni di fantomatici viaggi oceanici di Vanuatu (“una canzone d’amore nei tempi del global warming” secondo le parole dell’artista), incontri ravvicinati con un pianoforte in una stazione di Amsterdam alle cinque del mattino di rientro dal concerto dei Rolling Stones (Galleggia), camminate alcoliche per Berlino (Allo zoo), riflessioni personalistiche come in Una canzone, Kafka e Flâneur, o altre ben più ampie e aspre come Totum revolutum (che nasce durante i primi giorni della guerra in Ucraina) o Elucubrazioni (critica giocosa alla superficialità del dating online).
Angelo Romano traccia per traccia
Si parte proprio da Vanuatu, nome di uno staterello oceanico e canzone cantata con voce affaticata, almeno sulle prime, prima che parta un’effettiva sarabanda, con chitarra elettrica impegnata a regalare vibrazioni.
Parte morbida e poi accelera Una canzone, che però rimane un po’ più tranquilla, per quanto sempre cantata in modo decisamente peculiare. Il brano termina in modo corale e quasi ballato, comunque con originalità
La noia è una ballad che viaggia a ondate successive e a elenco. Filosofica e avvolgente, ecco poi Galleggia, accompagnata dal violino e con qualcosa Capossela, almeno negli intenti.
Viaggia a elenco anche Elucubrazioni, che enumera una serie di questioni che non importano, almeno al soggetto del brano. Si arriva a metà disco con Allo zoo, piuttosto scura nei toni e nei colori, con qualcosa di Tom Waits nella mescola.
Con Flâneur siamo di fronte a un mezzo divertissement, che comprende una serie di indicazioni non necessariamente improntate al buon senso. Una chitarra sguaiata completa un pezzo abbastanza sguaiato.
Viaggia sottotraccia Totum revolutum, fino a trasformarsi in un flusso di coscienza piuttosto sofferto e anche cangiante a livello di sonorità. Non accede a contenuti particolarmente ottimisti (e come potrebbe) il brano seguente, che si intitola Kafka e che si muove fra dissonanze e immagini sconfortate.
Isola Bella (suppongo con riferimento all’omonima località di fronte a Taormina) balla un tango triste, con risonanze vintage e profondamente tristi. Gli archi sostengono un’altra canzone volutamente sghemba come Siamo giganti, che se la gioca oscillando tra malinconie profonde e un gigantismo dell’anima un po’ ubriaco. Si chiude con ‘U scantu (se non sbaglio, si parla di spaventi), che omaggia la lingua di Sicilia e conclude in modo appropriato.
C’è uno sforzo evidente nel modo di cantare di Angelo Romano, come se ogni parola dovesse essere estratta a forza, anziché lasciata andare in modo fluido. E’ un modo di porsi, piaccia o no, che assomiglia molto a uno stile. Uno stile che si adatta bene a canzoni che a volte assomigliano a sentenze, ruvide e abrasive, con pochi spazi per la benevolenza.
Genere musicale: cantautore
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