Il canto dell’asino è il quinto album di Generic Animal, interamente scritto e suonato dallo stesso Luca Galizia e co-prodotto con Yakamoto Kotzuga, sound designer e produttore veneziano.

Il disco è stato registrato presso l’Outside Inside Studio a Volpago del Montello (TV), il Bleach Recording Studio a Gittana di Perledo (LC) e il Crossfade Studio di Milano. Il mix è stato curato da Fight Pausa e il mastering da Giovanni Versari presso La Maestà Studio di Monza. All’arrangiamento e alla costruzione del disco hanno contribuito molti amici di Luca, tra cui: Arianna Pasini, Fausto Cigarini, Giacomo Ferrari, Jacopo Lietti e Marco Giudici.

La scrittura sempre peculiare di Generic Animal si propaga su tredici brani, in un disco un po’ più ambizioso dei precedenti, ma anche molto più consapevole.

Generic Animal traccia per traccia

Il mio momento chissà se arriverà“: la mancanza di tempismo si manifesta in Zero, brano dolce ma amaro che apre il disco con qualche tempesta elettrica e molta malinconia.

Tokyo 20 sceglie il pianoforte e linee plastiche e morbide. Ma lo sviluppo del brano non è ovvio, si allarga, si fa sghembo e strombazza un po’, pencolando qui e là. “Io metto tutto sul personale“: tra speranze e terapie, l’introspezione in questo pezzo è particolarmente movimentata.

C’è bisogno di calma ed ecco il primo intermezzo Stare 1, che lascia presto spazio a Bobby Ballad, che fa questioni di protettori gastrici e di chitarre elettriche. Il punto di contatto con il cantautorato internazionale con Generic Animal non è mai troppo distante, ma qui è particolarmente vicino e l’ispirazione soffia dall’America in modo forte e intenso.

Un inverno non proprio freddo fa da sfondo a Trampolini, che ostende un certo numero di certezze (“Sono pieno di forza/mi prendo cura di te/mi prendo cura di me”), anche se le tentazioni di fuga e le inadeguatezze sono sempre molto presenti.

C’è del rock’n’roll nelle corde di 27, che fa perno su un futuro passato in pigiama e sui pugni sul muro. Malinconia non disperata che riverbera fino al termine del brano. Ecco poi gli accordi e le vibrazioni curiose di Spirito, che apre folk e si allarga fino a sensazioni quasi psichedeliche, fino a un finale piuttosto emozionale e sicuramente curioso nelle soluzioni.

La rapida voce robotica di Stare 2 fa da preludio a Eric – che fai?, che si arriccia sul riff di chitarra per dirimere questioni di serpenti, pensieri e baci. Scene quotidiane un po’ stralunate si succedono in sequenza, con i suoni che si allargano.

Con Grigio Marrone tornano le voglie di fuga (che non se n’erano mai veramente andate), in passeggio su ritmiche controllate e sussurrate. La cura di sé è di nuovo al centro del testo, con una ripetizione ossessiva.

C’è Marta Del Grandi, in un confronto tra talenti particolari e non omologati, a collaborare al singolo Kara oke. Neanche da dire, ne esce un singolo che non ha niente del singolo, ma un flusso sonoro morbido e lento, pieno di glitch e di piccole sorprese. Marta fornisce la voce nella seconda parte, principalmente per esternare una serie di critiche appuntite.

Molto più drammatici i toni di I grandi, che gira a centri concentrici aumentando sempre più la forza e la disperazione di un brano che in realtà porta con sé la speranza di una vita tranquilla, ancorché lontana. A chiudere la Stare 3, che cerca un po’ di riconciliazione.

Le variazioni del Mulo di Generic Animal disegnano un arco narrativo vasto e completo, mettendo a frutto anni di tentativi e pulsioni sempre presenti. Il disco mette ancora più in luce un talento inequivocabile, facendo combaciare sempre meglio esperimenti e sensazioni pop, sempre coniugati in modo originale e senza accontentarsi mai. Uno dei miei preferiti della generazione recente, e sempre più a giusta ragione.

Genere musicale: cantautore, pop

Se ti piace Generic Animal ascolta anche: Emma Nolde

Pagina Instagram Generic Animal

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