Nuovo disco per Luciano De Blasi e i Sui Generis: si chiama Il Palazzo il nuovo lavoro della band torinese, una sorta di concept incentrato sulle brutture del Belpaese. Luciano De Blasi e i Sui Generis nascono nel 2006 a Torino, dalle ceneri di una cover-band di Fabrizio De Andrè. L’ultimo disco, Contronatura, è datato 2011
Registrato e mixato al MeatBeat Studio di Sarre (Aosta) da Raffaele “Neda” D’Anello e masterizzato al G-Effect Mastering Studio di Torino da Gianluca Patrito, Il Palazzo è stato scritto da Luciano De Blasi, con la produzione artistica di Federico Malandrino. La band accoglie idee gypsy, di melodia tradizionale, vintage per tratteggiare un ritratto piuttosto deprimente.
Luciano De Blasi traccia per traccia
Dopo il curioso incipit de L’ingresso si parte con Prima serata, in cui si fa riferimento ai teledipendenti, soprattutto quelli particolarmente assettati di sangue. Il discorso musicale fa riferimento alla tradizione melodica, con qualche piccola escursione soprattutto a base di percussioni.
Con arpeggi acustici e aria da tarantella arriva I Topi, storia molto colorata e metaforica del comportamento della mafia in Italia. Ne Il Politico si traccia invece la parabola di alcuni personaggi esemplari che, per sfuggire alle disgrazie della vita, si buttano in politica, appunto.
L’Artista se la prende con la categoria degli intellettuali poco originali (atteggiamento di per sé non originalissimo), in particolare con quelli malati di protagonismo. I Vecchi fanno la rivoluzione è articolata su ritmi da tango che poi sfocia in esiti molto più intensi e tempestosi.
L’ultimo Angelus si mette, nientemeno, che a esplorare i pensieri nascosti di Ratzinger, l’ex pontefice, in un clima piuttosto baldanzoso. Ma non baldanzoso quanto quello di Miracolo, che tutto sommato non cambia tantissimo obiettivo e situazioni di riferimento, visto che racconta di finti eventi miracolosi.
Più intimi i discorsi di Male, lamentazione di tipo privato, sempre sul filo dell’ironia e con un violino che accompagna il discorso, almeno fino a un sorprendente finale rock molto tirato. Il violino torna anche ne La Pistola, che in termini poco politicamente corretti mette alla berlina gli omofobi.
Non si va meglio dal punto di vista del politically correct neanche con La Puttana, che tra citazioni di De André e un andamento da ballata folk piuttosto spiccia fustiga altri (facili) costumi. Il discorso non varia molto né dal punto di vista sonoro né per tematiche con Caro Figlio, che racconta di come la furbizia in questo paese si trasmetta dal padre agli eredi.
Dopo il recitato di Ingresso di servizio, ecco Carne da Bordello, che si insinua nei sottoboschi della politica, tra coretti, battimani e fischi allegri. Si chiude con Il Palazzo, che allarga il discorso della critica dalla politica a quello dei cittadini, fino all’inevitabile autocritica.
Diciamocelo subito: la performance musicale di Luciano De Blasi e I Sui Generis passa un po’ in secondo piano rispetto ai testi, anche perché la scelta è quella di privilegiare, sempre e comunque, la semplicità. Gioverebbe trovare qualche soluzione differente, ma gioverebbe anche di più sforbiciare qualche marcetta che lascia poca traccia di sé. I testi spesso invece colgono nel segno, soprattutto quando si tengono lontano dai luoghi comuni.