È disponibile su tutte le piattaforme digitali il nuovo album di Moretti, un nuovo capitolo fuori per Bradipo Dischi e in distribuzione Believe Music Italy.
Anticipato dai singoli Cesare e Milano, nomi cose città è il secondo album di Moretti: tre città, tre nomi e due cose. Prodotto da Giovanni Doneda e Pietro Gregori (Il Mago Del Gelato), il secondo lavoro del musicista milanese supera i toni irriverenti del disco d’esordio ed espone il lato più intimo e introspettivo del suo autore, con arrangiamenti minimalisti e raffinati che recuperano la tradizione cantautorale italiana degli anni ’70.
Tutte le tracce descrivono segmenti di vita spicciola, diretta o raccontata. Direi che in nessuna delle canzoni si trova segno consolatorio – al più, un po’ di tenerezza. Quando si parla di amore questo è negato, distruttivo, tossico o semplicemente finito. Lo stesso vale per la famiglia, che è relazionata o alla morte o alla malinconia. Le canzoni d’attualità sono tragiche (o tragicomiche). C’è però in tutto l’album, latente e in sottofondo, un attaccamento inguaribile alla vita
Moretti traccia per traccia
Partenza a ritmo di marcetta con Bologna, che parla di lame e di qualche sbirro infame. Storie buffe e piccole scaramanzie di vita spicciola, con una morale finale, come se fosse una fiaba o un consiglio di vita.
Altra atmosfera, più malinconica, quella che spira in Cesare, che pure non rinuncia del tutto all’atmosfera immaginativa e al “viaggio emozionale” (come direbbe ChatGpt).
Un passo per volta si arriva a Milano, dove lo spirito è narrativo e il ritmo quasi tribale, comunque dispari. E c’è una richiesta di solidarietà, sostanzialmente universale, che prescinde dalla geografia.
Con Eleonora si torna a scelte esplicite in senso melodico, anche se con un impeto quasi epico, comunque sostenuto. Ricordi di quando si è sfiorata la felicità, celebrati ma con dolore.
Un giro dolce di chitarra segue la nascita di Margherite, che contiene propositi di crescita e di rinascita, anche se visti in prospettiva e con il binocolo della nostalgia.
C’è molta tranquillità anche nel racconto di Viafatica, che fa pensare un po’ a De Gregori ma che si canta in punta di microfono, con ondate di suoni moderati anche quando si parla di realtà che fanno male.
Sa di storie antiche anche Maria, che però ha un impeto e anche una rabbia intensa da comunicare e da mettere in circolo, con uno spirito forte, invocando viaggi per mare che sanno di fuga ma anche di ribellione.
Il viaggio approda a Santander, per quella che sembra una fiesta allegra e un po’ ubriaca, ma che poi si trasforma in una serie di situazioni limite e in un incendio finale.
A chiudere ecco Matinata, che presumibilmente fa riferimento alle matinate materane, canti di questua con cui (mi spiega Wikipedia) nella città lucana si celebrava il Carnevale: un senso profondo di antico è sottolineato anche dal coro femminile che accompagna parte del brano.
Con un po’ di Vecchioni nelle vene e negli ascolti, con un fare antico ma non polveroso, Moretti compone un disco intelligente e ricco di sensibilità, che non si vergogna delle proprie gentilezze. Notevole, confortante, degno di gratitudine.
Genere musicale: cantautore
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