Recensione: Bangarang!, “Religione Catodica”
Si chiama Religione Catodica il nuovo album dei Bangarang!: un concept album che racconta gli ultimi sessant’anni della televisione italiana. Nel disco il cantato è sostituito dal campionatore che spara frasi decontestualizzate sullo sfondo di canzoni strumentali che fondono rock, funk noise e punk.
Bangarang! traccia per traccia
Il disco parte con Castrocaro, che accanto a un robusto suono rock molto ricco di chitarra, prevede frammenti lirici e altre voci mescolate, con un effetto di straniamento che non lascerà più l’ascoltatore fino al termine dell’album. Nano armata apre sulle frequenze della radio della polizia (o simili) per un discorso che del poliziesco accoglie anche i modi, con armonie vintage diffuse.
Più tranquillo il discorso di Fuck Hero, almeno sulle prime. Poi il pezzo subisce un’accelerazione improvvisa e procede a strappi violenti, giocando con temi sessuali. Argomento evidentemente caro alla band, visto che si procede con Genitalia, che si esprime su toni di rock robusto. Più tranquillo e funkeggiante il ritmo di Melisatalpé, mentre Freaky Metal si occupa di aumentare il livello dell’intensità accompagnandolo come sempre con voci che spingono il discorso al di là del paradosso.
Con Matzurka Zeta si scende su terreni più vicini al progressive e alla psichedelia, con intermezzo parlato e ripartenza. Con Pocoto Pocoto si arriva ad armonie più inquiete e suoni più acidi, almeno qui e là. E se Skrillex, anziché verso l’omonimo dj, ci porta invece verso chiari segni del cinema italiano di qualche anno fa, con Roberto il disco si chiude su tonalità molto serie e improvvisamente cupe.
Ci sono tratti di originalità nel disco dei Bangarang!, che mettono in evidenza tutte le proprie virtù strumentali ottenendo percorsi sui quali si viaggia spesso a velocità molto alte, benché le numerose voci incluse nel disco facciano di tutto per farci deragliare.