La recensione: “Split album”, Gli Altri/Uragano
La pratica dello split album, cioè dell’lp condiviso tra due band o due cantanti, non è del tutto inedita, neanche in Italia. Certo qui non si sta parlando esattamente di “Theorius Campus” firmato Venditti/De Gregori, ma di noise vibrante e potente, in un progetto che coinvolge Gli Altri e gli Uragano.
Gli Altri, che firmano i primi tre pezzi dell’album, sono una band di Savona i cui membri hanno alle spalle un passato punk/hardcore, che è poi tracimato in post rock e noise anche a partire dall’esordio su lunga distanza del 2013, Fondamenta, Strutture, Argini.
Uragano invece è il nome del trio, altrettanto ligure, ma di Imperia, che ha pubblicato un ep autoprodotto nel 2013 e che ha all’attivo la partecipazione ad alcune compilation. La band ha deciso, per i tre pezzi di questo album, di registrare in presa diretta i brani, catturando la propria spontaneità nella maniera più vera possibile.
Si parte con Gli Altri, che riversano una quantità notevole di aggressività all’interno di Progettare un luogo: il luogo progettato è piuttosto rumoroso, invero. L’andamento del pezzo non è rettilineo e si concede qualche pausa riflessiva, riempita per lo più da chitarra o batteria.
Generare il vuoto è aggressiva ma è più vicina all’hard rock che al punk, con percussioni martellanti ma senza ritmi infernali. Il brano è molto plastico e forse è il più riuscito dell’intero disco.
Molto più veloce Disegnare il moto, che però usa una tecnica piuttosto terroristica di assalto e ritirata. C’è perfino il suono di un violino (o comunque di uno strumento ad arco) nel percorso del brano.
Amy è il primo lungo brano della parte dedicata agli Uragano e si introduce con suoni piuttosto corposi e con vasto uso di effetti per chitarra. Un po’ soundgardeniana qui e là, anche qui le percussioni si mettono in grande evidenza. I nove minuti del pezzo vivono vite differenti, ma l’impressione di grande compattezza del suono è quella che predomina.
Segue la breve L’interludio, ponte tra “Amy” e 238 chilometri, che a conti fatti è l’unico tentativo degli Uragano di rispettare la forma canzone. Tentativo, appunto, perché è chiara l’idea di slabbrare i suoni e di riversare nella traccia la maggior quantità di furore possibile.
Va detto che, benché gli stili delle due band abbiano differenze, l’album è molto omogeneo e l’ascoltatore distratto potrebbe anche pensare a una sola band.
Il disco colpisce, nel suo complesso, per la capacità di trasmettere vibrazioni, per la plasticità del suono, ovviamente per la potenza, ma quella la si dà per scontata.
Non scontata invece la capacità di costruire percorsi alternativi, di creare variazioni sonore ed emotive, di spingersi comunque ai confini dei generi di riferimento con l’intento di abbattere barriere, più che di costruirne.