Giacomo Lariccia, “Ricostruire”: la recensione

giacomo laricciaQuarto disco per Giacomo Lariccia, cantautore italiano ma residente a Bruxelles da 17 anni. Ricostruire è il mio viaggio nella fragilità. Ne ho osservato le sfumature, colto e trascritto alcuni frammenti, è una metafora di questa fine di anni ’10”.

“Le canzoni di RICOSTRUIRE sono impronte lasciate in un cammino introspettivo e la voce che le ha cantate riflette lo spirito di questo percorso: è una voce delicata, mai piena, spesso spinta ai limiti ma che spero riuscirà a proteggere e a consegnare integre le emozioni che l’hanno ispirata. Accanto alla parola ho cercato una musica che fosse sempre carica di energia. Un’energia calma, questa volta, misurata”.

La sezione ritmica è stata registrata negli Artwin Studio di Carnières da Mika e Greg Chainis, il pianoforte negli Ibo Studios di Roma, gli altri strumenti negli Jati Studio di Bruxelles da Marco Locurcio. Testi e Musica: Giacomo Lariccia, produzione artistica: Giacomo Lariccia e Marco Locurcio, arrangiamenti: Marco Locurcio, Grafica: Francesco Pirozzi, dipinti di Micael Schepens, stylist: Michela Scavuzzo

Musicisti: Giacomo Lariccia: voce, chitarre acustiche ed elettriche, Marco Locurcio: basso e chitarra elettrici, synth, organo, violoncello, violino, tromba, voci, Jennifer Scavuzzo: voci, Fabio Locurcio: batteria e percussioni, Alessandro Gwis: piano, Nicolas Kummert: sassofono

Giacomo Lariccia traccia per traccia

Si pensa subito a Nick Drake, fin dalle prime note di Ottobre, che apre il disco. La canzone ha un passo placido ma si apre a ventaglio con qualche sensazione rock, anche se lo stagno torna tranquillo presto e riassorbe le onde d’urto. Ricostruire, la title track, arriva subito dopo, con un passo più determinato e sonorità che fanno appello al rock-pop, con una sezione ritmica più determinata.

Quanta strada invece fa pensare a Magnet, Damien Rice e questa linea di pensiero, con le sue cautele e le idee semplici. Incontri generazionali all’interno de La mano di un vecchio, moderatamente allegra con ritmi un po’ più movimentati, con sapori vagamente degregoriani. Come sabbia si dipana su temi da ballata leggera, mentre Amore e variabili si costruisce su considerazioni più intime e anche più drammatiche.

Celeste racconta una storia di guerra, con protagonista femminile e sconvolta: anche qui si odono echi di De Gregori, mentre ritmi e suoni si allargano progressivamente. Senza farci del male alza il passo e si veste con tratti rock, tornando a contenuti “relazionali”. Fiore d’inverno appartiene al novero delle canzoni del disco che godono di ritmi accelerati, in questo caso quasi caraibici.

Si viaggia verso la fine con le ultime due canzoni: prima Luce, che ha chiaramente intenti pop-rock. Si chiude invece con Solo una canzone, finale melodico e anche malinconico.

Un disco di sensibilità notevole, il nuovo di Giacomo Lariccia, che riesce a plasmare undici brani per lo più morbidi ma con una certa determinazione di fondo.

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