Dalla Brianza una volta arrivavano soprattutto mobili (e di tanto in tanto qualche miliardario con ambizioni televisive e politiche), ora invece sembra proporsi un più che discreto risveglio pop-rock.

All’interno del quale va iscritto il quartetto The Ophelia’s Nunnery (“Il convento di Ofelia”, ancorché “nunnery” abbia anche una traduzione slang che la avvicina più al concetto di bordello) che pubblica Non basta vivere, ep d’esordio.

Il lavoro si dipana seguendo le linee del pop rock internazionale, segnatamente con attenzione e ammirazione dichiarata per i primi Strokes e gli Artic Monkeys.

Si parte di Martedì: dopo un’introduzione tra l’epico e l’evocativo, arriva un pezzo pop-rock che fa perno sul ritornello e su un ritmo disinvolto basato sui dialoghi tra chitarra e sezione ritmica. Finale rumoroso d’intensità e vibrazione.

Gli ascolti delle band alla Kasabian pagano dividendi anche ne Il rumore del passato, che si muove su buoni ritmi e include echi ed effetti su una base medio rock, con variazioni di ritmo.

Benedire viene a patti con ritmi più lenti e in parte riflessivi. Ma il cambio di passo è nel DNA della band, che condisce anche questa sezione di chitarra con effetti di vario tipo.

Il pentito apre ancora di chitarra e, a dispetto del titolo, non parla di criminalità organizzata. L’ep si conclude con Solo mostri, altro esercizio pop a ritmo medio-alto, piuttosto vibrante e d’impatto.

Le cinque tracce rispondono a esigenze che coniugano testi piuttosto riflessivi e spesso ben costruiti con un rock-pop cesellato con attenzione.

La rilevanza della chitarra (anzi la rilevanza che la chitarra si conquista) è un marchio di fabbrica che può piacere o meno, in base alle preferenze personali. Di certo è un tratto notevole e ben portato, lungo tutto l’arco dell’ep.