Comaneci, “Rob a Bank”: la recensione
Deruba una banca: l’invito può risultare un filo eversivo, ma è questo che dice il titolo dell’album dei Comaneci, Rob a Bank. A quindici anni dall’esordio, la band è al quarto lavoro sulla lunga distanza.
Il nuovo album dei Comaneci è senza dubbio il più complesso, e soprattutto completo, della loro carriera, il più riuscito nel portare avanti questa strana commistione tra melodia, canzone folk e attitudine sperimentale.
Rob a Bank è anche il primo lavoro a essere, perlomeno nel risultato finale, frutto evidente di una vera e propria band, grazie in particolare all’inserimento alla batteria e percussioni di Simone Cavina.
Cavina affianca naturalmente la già affiatata coppia che porta avanti la ragione sociale Comaneci da quasi dieci anni, quella composta dal chitarrista (e molto altro) cesenaticense Glauco Salvo e dalla cantante (qui, come nei live della band, anche a chitarra e piano elettrico) ravennate Francesca Amati, che i Comaneci li ha fondati nell’ormai lontano 2005.
Comaneci traccia per traccia
Inizio “vibrato” per I want you all, che una volta superato l’incipit si trasforma in una ballad desertica e ipnotica. Passo lento e un po’ trascinato quello di Proud to Be.
Lovers mantiene un tono sommesso ma “disturbato” da rumori di fondo. Ambiente minimalista sulle prime anche per Japan, che però sale gradualmente di importanza, mostrando una crescita sonora che però non oscura la centralità della voce.
The Lake è un altro pezzo suggestivo, con momenti di tamburi tribali e grandi distese in cui il pensiero spurga e riparte. Cocoon è molto più contrastata, con rumori che combattono sullo sfondo per venire a galla, finché il guscio si spezza e l’emersione si completa.
La materia si fa oscura in Questions, con un pulsare crescente e un background come da film giallo hitchcockiano, almeno prima di una quasi risoluzione finale.
Plainsong si incarica di appianare divergenze e contrasti, in un brano morbido che rafforza le radici folk, pur con un finale elettrico. Quasi a cappella l’inizio di Magical Thoughts, ma qualcosa di inquieto e di noise cresce piano piano dallo sfondo. I pensieri magici procedono in cerchi e prendono il sopravvento nel finale.
Ukelele (con filtro) accentra l’attenzione in Carlo, brano di grande dolcezza pop. Cuddling Cats ha un lamento incastrato in gola, e lo esplicita con profondità e tristezza. I Cannot fa accomodare fuori dal disco ancora con dolcezza.
I laghi e le foreste dei Comaneci si distendono di fronte alle orecchie dell’ascoltatore, che può essere catturato dalle sottigliezze o colpito da bellezze melodiche, ma non indifferente. Nei laghi e nelle foreste dei Comaneci ci si nasconde dopo aver derubato una banca, con la certezza di poter ascoltare musica di alto livello.