Flat Fifty: intervista e recensione
Sangue sulle tracce: i Flat Fifty pubblicano Disco Kills, ep da cinque brani contrassegnato da una copertina sanguinosa, con mirrorball, tacco assassino, rosso grondante. Abbiamo rivolto qualche domanda alla band.
Qual è la storia dei Flat Fifty fin qui?
La band è nata nel 2014 e ruota attorno alla figura di Francesca, ci sono stati innumerevoli cambi di line up, attualmente la formazione è composta da Fra (voce/chitarra), Th (chitarra/cori), Doug (batteria/cori), Cene (basso/cori), Vena (synth/cori).
Flat Fifty è l’Appartamento n. 50 del racconto Il Maestro e Margherita di Bulgakov, il posto in cui risiede il diavolo una volta giunto a Mosca. Un luogo bizzarro, dove l’ordinarietà non è prevista e qualunque cosa può accadere… Un non luogo dove tante strane creature si incontrano e questo è esattamente ciò che succede musicalmente (e non solo) nei Flat Fifty.
Il risultato è un peculiare crossover tra Franz Ferdinand, The Hives, Kinks: un nucleo garage punk patinato e pettinato con i glitters del pop – qualcuno l’ha definito UltraPop!
A parte gli innumerevoli live nei locali e festival sia in zona che in giro per l’Italia, abbiamo all’attivo un ep (di qualche line up fa) dal titolo Foreclosure Of The Past disponibile gratuitamente su SoundCloud.
Un anno fa circa abbiamo girato un video per il singolo No Panic! – The Night Is Over. Il 22 settembre uscirà il nuovo ep DiscoKills.
Una cover molto aggressiva e “disco” per un ep che invece prevede anche indirizzi sonori molto rock: come nasce il concept?
(Quando ho letto “cover aggressiva ” ho pensato ti riferissi al fatto che dal vivo a volte suoniamo Skin O’ My Teeth dei Megadeth! haha). E’ il nostro omaggio agli anni ’70 e ’80, da cui deriviamo imprescindibilmente. Li adoriamo, li citiamo continuamente, in ogni modo, in ogni nota e parola di ogni canzone. La mia gamba, con una scarpa optical e glamissima su una mirrorball insanguinata, rappresenta l’appropriarsi del pop, del glamour, dell’elettronica, del funky della disco, delle bellezze di quei periodi, trasponendole – rielaborate e personalizzate – in questi anni di povertà e miseria artistica e musicale.
Anche se la mirrorball è insanguinata è lei che “uccide”, è la “disco” che “uccide” – DiscoKills – nel senso che SPACCA! Ancora, a dispetto di tutto, su tutto.
Questo è il tema di Discokills. La metafora, che richiama l’epica dell’antica Grecia nella forma estetica, è che la mirrorball (l’El Dorado musicale), viene CONQUISTATA da una scarpa optical (i Flat Fifty), in questo modo la scarpa diventa padrona della mirrorball, LA POSSIEDE, riuscendo così a utilizzarla come strumento di creazione ed espressione.
Come nasce “Toxic Love”, che apre l’ep?
Toxic Love parla di quando l’amore diventa dipendenza emotiva, e quindi non è più amore, è solo tossina. Realisticamente parla di sesso.
E’ l’unica canzone “anziana” dell’ep, ma ci tenevamo a darle spazio proprio perché punta all’elettronica (ciò che dicevo nella risposta precedente). La canzone in realtà nasceva con il synth, poi nel tempo è stata “rockata”… chitarrata, ma alla fine, in coerenza col concetto di DiscoKills, la mirrorball riconquista la scena, insanguinata ma vittoriosa, e il synth ricompare.
Fra le vostre influenze citate praticamente chiunque, dal pop al metal. Ma qual è stato il disco che avete ascoltato di più mentre realizzavate “DiscoKills”?
Le nostre influenze riflettono le nostre storie, siamo in cinque e abbiamo gusti diversi, però troviamo sempre un terreno comune, in questo periodo vanno molto Bellrays, Har Mar Superstar, Paul Weller, The Jam, Courtney Barnett, The Raconteurs, Rob Zombie, Royal Blood… ma anche molta vecchia new wave tipo The Sound o Wall Of Voodoo.
Raccontate uno show dal vivo dei Flat Fifty a chi potrebbe avere l’intenzione di venirvi a vedere dal vivo.
Strisce, pois, a hard rocking glamour: dal vivo tutto suona decisamente più sporco ed energico rispetto alla registrazione. Un approccio decisamente rock’n roll, garage, molto noisy, che tra l’altro stiamo implementando con l’introduzione appunto di synth rumoreggianti. Ci si diverte insomma!
Flat Fifty traccia per traccia
Il brano di apertura è una già piuttosto smaccata Toxic Love, che nel suo percorso pop ma anche disco dance inserisce svisatine elettriche, ritmi ambivalenti e un cantato piuttosto provocatorio.
Misfish porta a galla il lato più rock della band, che pure non rinuncia a paillettes e tacchi, ma in questo caso li attornia di una robustissima sezione ritmica e da radici punk-garage.
Si parte piano ma si accelera in fretta con My Way Back Home, con qualche influsso più orientato al blues.
Spreading the Disease si basa su un giro di chitarra acidello fin dalle prime battute, per un brano molto aggressivo ed energico.
L’ep si chiude con The Frozen Man, un pezzo che però sembra tutt’altro che congelato, anzi piuttosto calato in atmosfere di caldo rock di ispirazione americana.
Pur sfaccettato, l’ep dei Flat Fifty si dimostra portatore di un sound compatto e omogeneo, con uno stile marcato e una personalità molto spiccata.