#shortraks: tre recensioni in breve

Torna #shortraks: tre recensioni di dischi che potresti esserti perso. Questa volta tocca a Via delle indecisioni, Satoyama, Lameba.

Vie delle indecisioni, L’entropia delle piccole cose

L’entropia delle prime cose è il secondo disco della band teatina Vie delle Indecisioni, registrato e prodotto presso Alti Records. Sette brani legati dal tema della mancanza, percorso in tutte le sue sfaccettature attraverso testi incisivi e sonorità it-pop.

shortraks vie delle indecisioni

Si parte da Brucio, che parla di sigarette e di discorsi interrotti su ritmi da rock moderato. Più sintetica e anche più indie Colombre (nessuna relazione con l’omonimo cantautore, tranne la fonte comune del nome, cioè da un racconto di Buzzati), che ha riccioli elettrici piuttosto dolorosi. Fa’ scena muta mescola sensazioni e (molte) citazioni in un mix molto vivo.

Indigesto se la balla un po’ e racconta in modo ironico snocciolando esempi di morti un po’ particolari. Cresce piano Peggio di così, la più legata all’attualità, non proprio con toni ottimistici. Sabato notte è rapida e descrittiva, su ritmi da rock acidino. Si chiude con una canzone che ha per titolo la parola probabilmente più di moda di questi tempi, Spoiler, ma i temi trattati non sono televisivi ma piuttosto elevati: si parla di quando la morte sarà sconfitta e delle inevitabili conseguenze.

Le Vie delle Indecisioni mettono su disco una serie di canzoni intense e piuttosto pittoriche (o forse cinematografiche), offrendo spunti e sorprese in quantità. La band si iscrive al filone “intelligente” dell’indie pop e lo fa con pieno merito.

Genere: indie pop

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Satoyama, Magic Forest

I Satoyama sono un quartetto di Ivrea (TO), attivo dal 2012. Dopo aver suonato su palchi italiani ed europei, vinto numerosi premi e inciso musica per cortometraggi e web series, la band arriva alla terza produzione in studio, Magic Forest, in uscita per Auand Records. Oltre che magica, la foresta dei Satoyama risulta minacciosa e oscura fin dalla prima traccia: Plastic Whale. I suoni gorgogliano, si aprono e si chiudono, imparentandosi con il jazz e l’ambient.

Più fluida l’omeopatica One Part Per Million, che sa cambiare ritmo e passo coinvolgendo sempre più i fiati. La placida Aral segue disegnando onde molto fluide, che si chiudono con un coro a cappella piuttosto suggestivo. Melting Point si apre con la chitarra che disegna trame aeree, prima che entri in maniera robusta il drumming, per un brano sostanzialmente di sapore post rock.

Modi leggermente più vellutati e riemersione della tromba con Leave, che poi acquista velocità e potenza fino a diventare una sorta di valanga sonora. Piani molto più notturni ed evidenza al contrabbasso all’interno di Sovation. Sa di battaglia (e un po’ di serie televisiva, visto il titolo) Winter Rise, con un battito concitato che detta i ritmi e temi diversi che si incrociano al buio. Il brano si allunga fino a diventare una sorta di suite, con un finale piuttosto singolare.

Più rapida Dry Land, che come suoni sembra pescare dalla tradizione mediterranea, con un recitato che porta alla ribalta tematiche ambientaliste. Il disco si chiude con la title track, Magic Forest, morbida, allungata e leggermente malinconica. Piace come i Satoyama sappiano variare registro saltando dal jazz al rock ad altri generi. L’album è ispirato e godibile dall’inizio alla fine.

Genere: jazz, ambient

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Lameba, The Sovereign People

The sovereign people è il nuovo album di Lameba (il side-project di Stefano Gallone degli Agate Rollings) nonché ennesimo rigurgito sonoro di un progetto artistico sempre più vicino a un’idea di lotta ideologica a una politica dell’odio. L’ep si apre su panorami desolati e spaziali, quelli di One Million Views, sinistra nel suo procedere, con voci recitanti sullo sfondo.

Schema simile ma più opprimente quello di Hallucinations (An Overview). E moti di piazza sono al centro di Fear of Unknown. Più contenuti nei tempi i due brani di chiusura dell’ep: Overboard torna su temi spaziali, mentre Absolution fornisce un’uscita morbida. Come sempre piuttosto straniante, il lavoro di Lameba in questo caso prende forme anche più sorprendenti del solito.

Genere: ambient

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