L’intervista: Aeguana Way, non è forse questa la libertà? #TraKs
Sono i Cattivi Maestri l’obiettivo del nuovo disco degli Aeguana Way, band con un background già importante e ottime prospettive davanti (qui la recensione del disco). Li abbiamo intervistati.
Chi sono i “Cattivi Maestri” obiettivo polemico del vostro disco?
Abbiamo inteso i Cattivi Maestri come i cattivi insegnamenti che questa società in qualche modo ci impone come modelli ideali da seguire, il “fare questo è meglio di quell’altro” come regola universale da seguire, dettata ai soli fini di arrivismo sociale.
Di contro c’è il mare, inteso come un manto apparentemente piatto che invece nasconde infinite possibilità tra cui scegliere, ognuno secondo le proprie attitudini personali.
“Cattivi Maestri” invita proprio a incontrarsi nelle idee, la nostra parte più pura e creativa, per costruire il proprio percorso di vita con la propria testa e gioirne. Non è forse questa la libertà?
Il disco comprende molte emozioni e molte atmosfere diverse: con quale umore avete approcciato la sua lavorazione?
Il disco ha avuto una gestazione molto lunga, durata molti mesi nei quali si sono susseguite molteplici emozioni in modo del tutto naturale, com’è naturale lo scorrere del tempo.
Non ci sono state forzature temporali, mettiamola così. Ogni volta abbiamo cercato di raccogliere quanto più possibile da questi periodi per creare i brani e per parlare di ciò che ci stava a cuore.
Una volta sicuri di averci messo il necessario siamo andati in studio per le registrazioni definitive, ed ecco Cattivi Maestri.
Uno dei brani che mi ha colpito di più è “Resistenze virtuali”: qual è la sua genesi?
Resistenze Virtuali è uno dei primi brani scritti, un brano che “i palati fini” apprezzano molto, infatti ci piace definirlo un “disgustoso aperitivo della realtà social” vista la sua durata volutamente breve e le sue dinamiche fuggenti.
Il brano nasce in una serata d’inverno trascorsa a curiosare sul famoso social network cercando di capire cosa si dicessero davvero le persone.
Il risultato è stato talmente nauseante che bisognava per forza buttare giù due righe per scrollarsi di dosso il senso di disagio.
Nell’album ci sono collaborazioni eccellenti (Pischedda di Marta sui Tubi, il violoncellista Francesco Parente, Di Nardo del Management del dolore post-operatorio): come nascono?
In realtà avevamo già dei rapporti più o meno consolidati con gli artisti in questione e abbiamo deciso di fargli ascoltare i provini del disco lasciando scegliere a loro i brani in cui inserirsi e totale carta bianca sulle parti da suonare.
La cosa migliore in queste situazioni forse rimane proprio l’occasione di conoscersi più a fondo allargando i propri orizzonti al di fuori del solo discorso musicale; collaborare è prima di tutto scambio e poi collaborare per uno scopo comune significa crescere e in ogni campo crescere è un bisogno vitale, un’imperativo, altrimenti meglio lasciar perdere.