copertina Selfish CalesVe lo avevamo promesso ed eccolo qui: si chiama Throw your watch to the water, secondo lp di The Selfish Cales, in anteprima assoluta su TraKs fino alla data dell’uscita ufficiale (28 febbraio). A fine  recensione trovate lo streaming del disco.

La band (che con i Ramones condivide il fatto di aver adottato lo stesso cognome fittizio, Cale appunto, per tutti i componenti della band, e nient’altro) si inoltra per i sentieri della psichedelia, ma dentro la scatola magica si possono trovare giocattoli di molti colori e dodici tracce dai sapori molto differenti.

Belli carburati, i ragazzi partono subito all’attacco con l’energica Sulphureous Haze, con un sound brillante e piuttosto calato nei luccicanti 60s, con una veloce chitarra a duellare con il Fender Rhodes.

Batteria e colpi di tosse ad accendere le polveri di Soul Mates, sfiorata da qualche pensiero e toccata da un groove molto potente e vivacissimo.

Più pensosa l’atmosfera di Peacock Girl, con un tessuto sonoro comunque piuttosto elaborato. Brighter Days fa uso di archi e di atmosfere orchestrali per allargare ulteriormente le prospettive, pur senza perdere in impeto.

La title track Throw your watch to the water evidenzia la voglia di aumentare i giri del motore, senza però perdere di vista il tocco che fin qui ha caratterizzato il sound della band.

Colours of the Mind procede a ritmi accelerati, spesso sul filo del soul, con un coretto leggermente Earth, Wind & Fire a completare il discorso.

I Believe in Magic parte di sitar e ci fa capire che arriva un momento, nella vita di una band di tendenze psichedeliche, in cui bisogna fare i bagagli e incontrare le proprie radici indiane.

Mr. Hotpeach inserisce un momento di calma in un lp per lo più piuttosto agitato, con le note di pianoforte a fare da preludio a una scalata psichedelica successiva.

Empathy prova a mescolare ancora le carte, con una tendenza cosmica frenata da una sezione ritmica piuttosto robusta e ancorata a terra.

Imaginary Journey ci porta brevemente di nuovo in terra d’Oriente, con un trip piuttosto rapido, ancora sulle piste di svariate band Sixties e Seventies approdate all’India, ma non si sa se alla saggezza.

Si direbbe di no, visto che See Tomorrow’s Shores, che segue e chiude l’album, non sembra una canzone da chi è pervenuto al Nirvana, ma piuttosto da chi abbia ancora la voglia e la forza di divertirsi, magari seguendo il decollo della chitarra elettrica. Qualche traccia di progressive in una specie di suite cosmica senza eccessi.

Il disco convince e tocca le corde giuste, apre prospettive davvero interessanti e sorprende per la cura del dettaglio sonoro e per il fatto che non si limita a replicare il sound di un genere ben preciso, ma piuttosto agita e mescola, servendo una miscela del tutto personale.

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