Fast Animals & Slow Kids @ Goa Boa 2019: il report
Testo e foto di Chiara Orsetti
“Salve a tutti, noi siamo i Fast Animals And Slow Kids e veniamo da Perugia”… Potrebbe essere l’inizio della storia d’amore tra Aimone, Jacopo, Alessandro e Alessio e il loro pubblico. Una storia iniziata appena la band è salita sul palco e destinata a vivere per sempre felice e contenta in ogni luogo dove la musica può essere ascoltata. Nonostante nelle preview di Goa Boa siano già saliti sul palco due artisti che hanno fatto dell’amore (spesso non corrisposto a dovere) il loro argomento di battaglia, l’esibizione più romantica è a mio avviso proprio quella dei protagonisti della prima serata ufficiale di Festival. Ma andiamo con ordine.
Rispetto alle precedenti serate, lo spazio dedicato alla musica è raddoppiato: un secondo palco vicino all’area ristoro ospita artisti a km 0 e non, e DJ set interregionali, rendendo l’atmosfera sempre calda anche durante le pause tra un’esibizione e l’altra. Il compito di aprire le danze sul second stage spetta al trio indie pop Ophelya: tre ragazze che hanno presentato sul palco il loro ep d’esordio Long Purples. Poi è la volta di Giungla, la prima a salire sul main stage: giovanissima, di nero vestita, con la sua chitarra elettrica lascia ben sperare per quanto accadrà nelle prossime ore.
Subito dopo Giungla, sul main stage un veterano della musica, Giorgio Canali, arriva sul palco con l’espressione di chi deve suonare di santa ragione.
Anima tormentata di CSI e CCPP, nel 2018 pubblica il suo Undici canzoni di merda con la pioggia dentro. Sul palco di Goa Boa ha portato canzoni nuove e vecchie, con il pubblico particolarmente coinvolto su Nuvole senza Messico e Piove finalmente piove. Oltre alle chitarre del rock graffiante di Canali, a far tremare il cielo è anche una bestemmia rafforzativa che ha incanalato le energie durante la presentazione di uno degli ultimi brani presentati. Anche una volta dismessi i panni di rockstar, il buon Giorgio ha continuato a godersi la serata, spesso in mezzo al pubblico, sempre dedicandosi a chi desiderava far due chiacchiere o scattare un selfie. Old School (of rock).
Sul second stage si esibisce il duo elettronico I’m not a Blonde. Camicia di seta, sguardi sicuri e dritti alla meta, riescono a ipnotizzare anche il pubblico distratto da panini e Spritz con le loro costruzioni sonore, fatte di voci, chitarra, synth e loop.
L’atmosfera cambia in fretta mentre sul palco principale tanti cubi colorati vanno a formare la scritta Rancore. Romano romanissimo, conosciuto anche dalle nonne d’Italia per la partecipazione all’ultimo Sanremo come ospite di Daniele Silvestri nel brano “Argento vivo”. La sua performance è sicuramente quella di un artista maturo, che non ha paura di dire quello che pensa e nemmeno di cantarlo, come il suo ultimo album “Musica per bambini” ha ampiamente dimostrato.
Esibizioni che fanno cantare i fan delle prime file sui brani più apprezzati dell’artista, da Arlecchino a Skatepark, passando per Centro Asociale e Beep Beep. Qualche polemica qua e là sull’uso smodato dei telefoni durante i concerti, accolti con ironia, ma che non sono bastati a far sì che i ragazzi si concentrassero sul serio sullo spettacolo con le mani rivolte al cielo e non impegnate a digitare su qualche schermo.
Ad ammorbidire l’atmosfera ci pensa Martina Saladino, in arte… Marte. Il suo disco d’esordio è stato pubblicato lo scorso inverno con il titolo Metropolis in my head; prodotto da Fulvio Masini, presente sul palco insieme a lei durante l’esibizione a Goa Boa. Voce calda, testi rigorosamente in inglese, questa ragazza ha un fascino e una classe che rimarranno impressi nella memoria di chi ha avuto il piacere di assistere alla sua performance.
E ora è arrivato il momento della storia d’amore di cui si parlava nelle prime righe. Perché che le canzoni indiepop siano maestre nel creare l’atmosfera è una certezza. Ma l’emozione non si spiega con criteri scientifici, ci devi essere, e quello che hanno saputo creare i FASK sul palco Forse non è felicità, ma lo sembrava. Per l’espressione sorridente di tutti i membri del gruppo, per l’entusiasmo con cui il pubblico veniva coinvolto, per la potenza dei testi e per l’incontenibile voglia di suonare tutti insieme.
Si parte mettendo i puntini sulle “i” con Radio radio e con le presentazioni ufficiali, si prosegue con i brani che hanno fatto appassionare migliaia di giovani a questi rocker perugini: momenti indimenticabili sulle note della title track dell’ultimo lavoro del gruppo Animali notturni, passando per Non potrei mai, Calci in faccia, Annabelle, Forse non è la felicità fino al gran finale A cosa ci serve.
Sono tanti i momenti in cui l’emozione ha avuto il sopravvento, forse proprio perché senza schemi da seguire è nata dal cuore di chi le canzoni le ha scritte ed è riuscita ad arrivare alla destinazione finale. Il principe azzurro ha la barba e i capelli lunghi, non è arrivato in sella al suo cavallo bianco, ma d’altronde si sa, le fiabe hanno creato false aspettative: quello che conta è che potremmo stringerci più forte e non sentirci mai più soli.