La Sindrome di Stoccolma è l’album d’esordio della formazione ligure dei Messer Davil. Uscito il 14 giugno 2019, è un concept album di genere indie-pop-rock elettronico, che affronta il tema della prigionia volontaria e della dipendenza, proprio come nel famigerato caso della sindrome che dà il titolo all’opera.

Il cd de La sindrome di Stoccolma sarà distribuito in Italia e In europa da G.T. Music Distribution. A darne per prima la notizia è stata la società di distribuzione padovana che, sulla sua pagina Facebook, ha fatto comparire un post che annuncia l’arrivo in stock del concept album.

Chi è Messer DaVil?

Messer DaVil è una creatura, forse un uomo, arrivato sulla terra da un altro mondo, o da un’altra epoca. Noi non lo sappiamo. E dopo il “salto” nemmeno lui lo ricorda più (https://www.youtube.com/watch?v=d0DrgREz_Qg&t=1s). Ma di sicuro ha notato che la nostra società è molto diversa da quella alla quale lui era abituato. Ha anche intuito, per raccontare al meglio quello che stava osservando, che la musica potesse essere il mezzo più immediato. Per questo motivo ci ha contattati e ci ha chiesto di trasporre alcune sue considerazioni in canzoni. Ed eccoci qua. 

Ci avete messo tre anni per arrivare alle 18 canzoni che compongono “La sindrome di Stoccolma”. Come sono andate le lavorazioni e come mai avete fatto una scelta così “massimale” in epoche di singoli, ep, streaming istantanei?

Una scelta molto retrò, vero? Del resto anche fare un concept album lo è. Le motivazioni sono molteplici. In primo luogo veniamo da un’epoca musicale diversa e non accettiamo (e nemmeno capiamo) questo periodo in cui tutto è diventato usa e getta. Intendiamoci, non vogliamo cambiare nulla e sappiamo che questa decisione potrebbe essere sinonimo di suicidio. Però, semplicemente, abbiamo fatto quello che abbiamo sempre visto fare dai nostri gruppi di riferimento.

Poi c’è il secondo punto. Noi siamo amici e suoniamo insieme da sempre. Quando il più folle di noi è arrivato dicendo: “ehi, raga, facciamo un disco!”, è stato naturale rispondere di sì. Ma anche pensare che forse non ne avremmo mai fatto un altro, quindi ci abbiamo messo dentro le tracce migliori di tre anni di songwriting (e di quasi cento brani scritti).

La lavorazione è stata divisa in cinque fasi. La prima, quella di songwriting, appunto, ha visto coinvolto Davide Aicardi (chitarrista della band) che ha finalizzato e pre-registrato i pezzi per poi arrangiarli e pre-produrli con Mauro Max Maloberti (tastiere e synth). Questi primi due step di lavoro sono stati portati in studio, al Mazzi Factory, dove il nostro produttore, Alessandro Mazzitelli, ha iniziato a lavorare sulla produzione vera e propria.

Le batterie elettroniche e i bassi synth sono stati sostituiti (dove ritenuto opportuno) dagli strumenti acustici ed elettrici, suonati rispettivamente da Maurizio De Palo e Federico Fugassa, e le linee guida vocali da quelle definitive e dalle seconde voci di Alessandro Lamberti. Infine, Mazzitelli è di nuovo intervenuto finendo la produzione e inserendo i synth analogici della sua collezione, per poi mixare e masterizzare.

Concettualmente parlando, perché un intero album dedicato alla sindrome di Stoccolma?

Questo è venuto fuori selezionando i pezzi, durante la fase di arrangiamento. Davide e Max si sono accorti che i brani che più li convincevano avevano tutti un tema di fondo in comune. Si sono ricordati di come lavoravano i Pink Floyd, hanno focalizzato il concept, e da lì in avanti tutte le canzoni (e soprattutto i testi) sono stati finalizzati in modo da essere ricondotti al tema della prigionia e dipendenza volontaria. Anche il character di Messer DaVil è nato in questa fase. Prima era solo il nome della band. Poi è diventato il personaggio che tiene insieme il concept, la cui storia (introdotta nella prima domanda di questa intervista) verrà svelata in uno dei videoclip che usciranno nei prossimi mesi.

Avete messo in cima “Indipendente da chi…?!” brano con qualche spunto polemico. Che cosa non vi piace del mondo indipendente?

Non vogliamo essere polemici. Il mondo indie ci piace, eccome. Noi siamo indie, e rivendichiamo il significato stesso della parola: l’indipendenza. Coerentemente con il concept dell’album, quindi, quello che non ci piace è tutto quello che fa diventare questo termine una prigionia volontaria. In particolare abbiamo individuato due sfumature. La prima è proprio quella della definizione. Come può una persona indipendente essere rappresentata da una categoria?

Questo, secondo noi, anzi, secondo Messer DaVil, succede quando l’indie non è più un modo di produrre qualcosa (non necessariamente legato al mondo della musica) o la filosofia che c’è dietro al produrlo, ma diventa un vero e proprio genere fatto di stilemi e di riferimenti precisi. Oggi l’indie è un genere, e non a caso è in mano alle major. Ma per noi indie è qualsiasi cosa: rock, pop, hip-hop, reggae, cantautoriale, folk, che nasca da un pensiero indipendente, sia concettuale che formale.

Il secondo aspetto, quello più controverso, è quello cantato dal ritornello. La favola de la volpe e l’uva. Non ci piace chi si nasconde dietro la definizione di indipendente per non fare una ricerca, di forma e concetto, come già detto, e propone qualcosa di approssimativo, perché non è in grado o non ha voglia di curare meglio il prodotto.

Lo sappiamo, è difficile valutare quando si è in una casistica o nell’altra, per cui non possiamo fare altro che affidarci alle nostre sensazioni, sempre tenendo presente della soggettività delle percezioni. In questo senso, tutte le canzoni dell’album possono avere una doppia chiave di lettura, perché delle piccole cose che ci rendono prigionieri volontari, molte sono davvero quelle che ci salvano la vita ogni giorno.

Avete già in mente come rendere dal vivo un disco comunque così complesso? Avete già qualche appuntamento live da dare ai nostri lettori?

Quando è uscito La Sindrome di Stoccolma abbiamo ricevuto molti inviti. Ma il live non è attualmente pronto. Nei brani c’è molta elettronica e dobbiamo ancora capire come renderla dal vivo al meglio mantenendo l’impatto live e senza andare sul palco in dodici. Attualmente stiamo provando la produzione live, le scenografie e le corografie ad essa connesse. Messer DaVil sarà con noi sul palco. E forse anche un DJ. Stiamo valutando tutto. In ogni caso, non saremo pronti prima di ottobre / novembre. Per cui, no, non abbiamo appuntamenti da segnalare, ma quando li avremo lo faremo sulla nostra pagina Facebook e sul sito.

LINK VARI

SITO WEB: www.messerdavil.com

FACEBOOK: https://www.facebook.com/MesserDaVil/

INSTAGRAM:

VIDEO CLIP (YouTube): https://www.youtube.com/watch?v=bnwtjrfYq8g&list=UULTpmUoW1wrol-HSRiZz17g&index=2

SPOTIFY: https://open.spotify.com/album/6v9y9kSrotxY2RFIXcOM7K

APPLE MUSIC: https://music.apple.com/it/album/la-sindrome-di-stoccolma/1466474893

YOUTUBE:

Messer DaVil traccia per traccia

Si parte da Indipendente da chi…?!, curioso brano che mette a contatto elettronica e suoni elettrici con qualche spunto polemico.

Una base acida sta sotto Il garage ermetico, brano piuttosto ricco a livello ritmico e con istinti e suoni spesso imprevedibili.

Ecco poi l’icastica Avanzi, piuttosto minimale nei suoni e piuttosto oscura nei toni. Un po’ di reggae e di dub caratterizzano invece L’idiota digitale, singolo estratto dall’album, canzone che va all’attacco degli haters con una certa forza.

Si rallenta un po’ con Quello che proteggiamo, brano più meditativo che d’attacco. Viaggia invece lungo sentieri elettronici e un po’ dance con Millenium bug.

Si raggiungono velocità quasi punk con Negli occhi di chi guarda, appena cosparsa di luci synth.

Arriva poi Amico cosmico, che guarda verso l’alto con un andamento sincopato ma capace di aperture improvvise.

Bob De Niro apre Il self control con il suo “ma dici a me?”, prima che parta un pezzo rockeggiante che si trattiene a stento.

Si abbassano le luci con Quello che avviene ogni giorno, quasi un lentone d’altra epoca. Si rappa un po’ sulla molto acida Digli che è vero.

Volare via conta su buoni lavori del basso e certi eco dub piuttosto interessanti. Molta elettronica nella partenza di Ventisett’anni, che invece poi fa riemergere istinti punk.

Un po’ di Timoria nel cantato di Complice, brano con qualche ambiguità e buone percussioni. Più leggera Vox Populi, movimentata tirata contro il gossip.

Un beat insistente introduce Non tornerai mai più, che infatti si declina in senso dance (quasi disco). Si chiude con Cuore di carciofo, aperta da un recitato e dominata da un senso di calma un po’ amaro.

Un disco molto vasto e ricco di spunti, l’esordio di Messer DaVil, che prospetta anche ulteriori sviluppi interessanti per la band.

Genere: indie rock

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