La recensione: Vallanzaska, “TheGenerazione”

Se sono arrivati al settimo disco, qualche motivo ci sarà: crollano gli imperi, i partiti e i generi musicali, ma i Vallanzaska sono ancora lì, a saltare e a suonare lo ska, come se fosse il 1991.

Il nuovo disco si chiama “TheGenerazione“, parla come al solito di società, politica, attualità (e fin qui potrebbe sembrare un programma della D’Urso) ma lo fa con intelligenza e ironia (e qui la differenza con la D’Urso salta all’occhio). E con qualche zompo, che non guasta mai.

Nel disco precedente, “iPorn”, avevano chiaramente esagerato introducendo come ospite nientemeno che il bel René, Vallanzasca senza la k, mentre qui ci sono Debora Villa, Tonino Carotone, Paletta dei Punkreas e, coup de theatre, Gherardo Colombo, storico pm di Mani pulite, convocato sul tema delle intercettazioni telefoniche.

Si parte con “Generazione di fenomeni“, che non è una cover mascherata degli Stadio, ma anzi è un’etichetta piuttosto determinata rispetto a una generazione talmente stanca di etichette da non meritarsene nemmeno una.

Siamo in pieno furore ska anche con “Cr(easy)“, in cui si discute di Grecia e di altri paesi più vicini, ma poi “Lettera” cambia atmosfere rallentando un po’ e addentrandosi in storie più oscure.

Entriamo nella mitologia rasta con “Love“, puntuale racconto reggae di un concerto dei Vallanzaska visto dalla prospettiva di uno spettatore. “Giro di Do The Ska” si barcamena tra l’introduzione di Debora Villa e giochi di parole, con un’attitudine più chitarristica del solito.

Arriva poi “Bicchiere“, escursione gitana (ma “sulla Darsena”, quindi sul Naviglio a Milano) accanto a Carotone, in cui l’oggetto d’amore è liquido. Il sapore è piuttosto anni Sessanta e ne risulta uno dei pezzi più convincenti del disco.

Se telefonando” è costruita a mo’ di intercettazione telefonica, di quelle che hanno riempito le pagine dei quotidiani negli ultimi mesi e anni. Qui si inserisce il già citato intervento di Gherardo Colombo, seguito dal meno educativo intervento di Ruggero dei Timidi.

Segue la veloce e incisiva “Piccola“, con sonorità e costruzione che riporta agli anni Sessanta. “Matrix” rallenta un po’ e parla di brasati, di alieni, di tv e di controllo della mente. C’è poi la cover di “L’emozione non ha voce“,  di Celentano, in partenza, ma qui piuttosto Vallanzaskizzata in ritmo reggae.

La chiusura è affidata a “Il Magnifico“, di ambito universitario con attitudine polemica piuttosto spiccata, e alla giocosa “Zanzare” (ma c’è anche una hidden track finale).

Che dire ancora di questi ragazzi (un “ragazzi” oggi come oggi non si nega a nessuno) che non sia già stato detto? Che hanno voglia di fare ancora qualcosa di nuovo, ma anche di vecchio, purché consenta loro di cantare, divertire, divertirsi, e magari anche di puntare il dito, ridendo, su alcune delle schifezze quotidiane che ci accompagnano. Non è poco.