Anticipato dai singoli Who, Kinshasa e Stage One esce Flow, secondo album dei Black Flowers Cafe. Un itinerario sonoro che rincorre echi indie e sfumature dream pop.
Black Flowers Cafe traccia per traccia
Dopo una rapida Intro si parte con Keep It Up, che sa di new wave ma dal lato melodico e neoromantico.
Più agile la seguente Who, quasi adatta al dancefloor e comunque ricca di un ritmo molto vivo.
Si procede con Out of Breath, che può contare su un drumming molto incalzante e su orizzonti sonori che si fanno vasti.
Scelta fra i singoli, Kinshasa si distingue per una certa malinconia di fondo ma anche per l’andamento regolare ma in crescita.
Si cambia zona del mondo con Caribe, aperta da ritmi di batteria e poi aperta a influenze vagamente tex-mex.
Carenze di fiducia e nuove malinconie affiorano da Never Trust Me. Molto più decisi i modi di Cocktail Party, che sottolinea le affinità con il rock/pop internazionale e rende le dinamiche più spigolose.
Scorre l’acqua per Up the River, che ha movimenti di risalita e un movimento insistente, in contrasto con la vocalità leggera.
Sale una certa malinconia da January, mentre il disco si chiude su note d’impatto con Stage One, canzone da corsa e da inseguimento.
Posto che la pagina Facebook della band riporta un inquietante “Thank You 2010-2020”, che può suonare a celebrazione dei dieci anni di attività ma anche a chiusura dell’esperienza, il disco dei Black Flowers Cafe convince per sonorità e intensità, con qualche piccola vetta e una qualità omogenea per tutto il lavoro.