Adriano Tarullo, “Storie di presunta normalità”: la recensione
Si chiama Storie di presunta normalità il nuovo disco di Adriano Tarullo. Il nuovo album porta Tarullo fuori dai recinti della sua terra d’Abruzzo, con dodici inediti. I testi sono classici da cantautore, mentre le sonorità scelte spesso spaziano dal rock ai generi consimili.
Adriano Tarullo traccia per traccia
Si parte da Bastarda malattia, pezzo di spessore drammatico, in cui il testo è sottolineato da un andamento rock del pezzo, con lavoro particolarmente intenso del basso. Lei casca dalle favole si permette un tono più leggero, condito da sensazioni sonore che fanno riferimento diretto al rock-blues.
Con Cenere di stelle al contrario si opta per scelte del tutto melodiche e morbide. Si torna ad atmosfere più movimentati con Colm Thomas, dedicata al figlio del poeta gallese Dylan Thomas, curiosamente vissuto e morto in Abruzzo.
La nuora nera è un pezzo giocoso su temi non particolarmente allegri, con qualche spruzzata jazz qui e là. Influenze country nel percorso di Io mi sento chitarrista, mentre Un mestiere difficile usa risonanze profonde per circoscrivere un pezzo su tematiche sanitarie.
Quella strana allergia ai cipressi torna su piste blues, con la chitarra a fare da guida. La mia testa in riva al mare propone un mood più aggressivo, anche se il pianoforte ammorbidisce un po’. E dopo una discorsiva Un’ingenua libertà, si chiude con la soffice L’arte di una madre,
Il disco di Adriano Tarullo è piacevole e valido, vario nelle sonorità e apprezzabile soprattutto nei brani più animati.