Cantautore, regista e professore, Alfredo Marasti scrive da almeno dieci anni, suona la chitarra acustica e l’armonica a bocca, in perfetta tradizione folksinger, si contamina con indie-pop ed elettronica.
Lolita Moon, che si avvale della produzione artistica di Cassandra Raffaele, è il suo primo lavoro discografico. Il disco ospita otto brani inediti che raccontano altrettanti “ricordi – satellite” (piccole lune, per l’appunto): una “garibaldina” superficiale e conformista, una ragazza in Erasmus che si ritrova persa e sola, un’attrice del cinema muto in declino, per citarne solo alcuni.
Nel 2006 vince il Premio Fabrizio De André come Miglior Interprete, mentre nel 2013 vince il Premio Miglior Testo a Musicultura con “Canzone per Mario”, dedicata allo scomparso Mario Monicelli.
Il video di lancio del nuovo album, intitolato C’eri tu – di cui è anche regista – è stato girato all’Università degli Studi di Firenze. È infatti attivo anche come regista e videomaker, quando non insegna italiano come professore.
Alfredo Marasti traccia per traccia
Si parte alla Garibaldina, con una canzone di intensità divertente (o di divertimento intenso), con caratteristiche rock, pop e autorali, tutte disposte in certo ordine e con un certo senso.
Più melodica e moderata Il tempo di partire, storia sentimentale e triste sulle prime, più combattiva da metà in avanti, con le capacità narrative di Marasti in buona evidenza.
Norma Desmond porta alla ribalta il personaggio di Sunset Boulevard (Gloria Swanson nel film) per un brano nostalgico con pianoforte e con la voce di Cassandra Raffaele pronta a fornire supporto e pathos.
Vivace e un po’ drammatica C’eri tu, che conta sui fiati per evolvere in senso più orchestrale e aperto. Quasi punk i ritmi di Una brutta canzone in meno, che mostra tratti volitivi e molta intensità.
Maggior tranquillità e qualche eco di De Gregori si ritrova agevolmente ne L’albero e il battello, morbida, acustica e fiabesca. Anche Dafne pesca da ricordi della tradizione autorale italiana, su un ritmo che viaggia a ondate successive e con piccoli battimani a cadenzare il percorso.
Piuttosto giocoso il finale con La luna e il ladro, in cui l’andamento, l’atteggiamento da filastrocca, gli archi non possono che far pensare a un Branduardi d’antan.
Otto canzoni sensate, quelle di Marasti, che compendia le proprie esperienze in un disco che scivola piacevole e rapido, confrontandosi con la tradizione ma soprattutto con la propria, peculiare, personalità.
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