Amalfitano, “Tienimi la mano, Diva!”: recensione e streaming

Anticipato dai singoli Fosforo ft. Francesco BianconiE…ancora tu!/Quanto dolore ci servirà per smettere d’Amare? e Tenerezza ft. Francesco Bianconi, Tienimi la mano, Diva! è il nuovo album di Amalfitano, disponibile per Flamingo Management, prodotto da Francesco Bianconi e Ivan A. Rossi.

Dal cantautorato italiano classico – Battisti, Battiato, Ivan Graziani, Lucio Dalla, Renato Zero – al rock anglo-americano degli anni ’70, all’alternative rock degli ’80/’90: sono le influenze che più di tutte hanno giocato un ruolo fondamentale nel lavoro di Amalfitano.

Tienimi la mano, Diva! è dedicato al lato demoniaco della bellezza e all’amore, al loro carattere più pagano a quello che è stato di Afrodite. Un disco dedicato all’apice dei vent’anni, all’invidia dei trenta, alla nausea dei quaranta. Un disco lontano da ogni punto di riferimento che ci farebbe sentire a casa, al sicuro, ma all’interno di un universo fatto di amori folli, figure mitologiche, diavoli su diavoli: metà uomini e metà comete.

Un luogo simile a un insieme di emozioni fuori misura,
dove tutto il resto sono solo scuse della gente

Amalfitano traccia per traccia

La frase d’apertura del disco è anche il titolo del disco, per una piuttosto movimentata Fosforo, primo dei duetti con Francesco Bianconi. La chitarra sottolinea i movimenti oscillanti della voce, mentre il basso conferisce un’attitudine quasi funk, quasi dance, quasi parecchie altre cose, ma comunque con personalità e originalità.

La necessità di mettere un limite al sentimento è al centro della riflessione di Quanto dolore ci servirà per smettere d’amare, altra canzone ballerina ma con qualche oscurità in più. Del resto alla fine ci si concentra principalmente sul dolore, causa necessaria ma non sufficiente per superare certo tipo di situazioni. Il fraseggio è fitto, il linguaggio è molto chiaro, il passo è svelto, le influenze 70s mai nascoste.

Con un’introduzione tipo In the air tonight (ma con un po’ di Dalla/Ron nel testo), si parla poi di Tenerezza, in cui torna la voce di Bianconi ad accompagnare una ballad che si fa quasi gospel, aprendosi a ventaglio per cercare un qualche tipo di salvezza.

Dopo tanta malinconia, è tempo di fare festa insieme a Francesca Bianchi, tra soldati innamorati, party, facce di ragazze con bicchiere. Il lato allegro della produzione di Amalfitano si manifesta, con l’aiuto dei cori, dei fiati, delle citazioni (stavolta Fossati/Berté).

E… Ancora tu rappresenta una forma di resistenza, per raccontare una vita pazza (tra 8 miliardi di facce da cazzo). Ma c’è una speranza, anche se è una di quelle che fanno male. Qui c’è un po’ di Rino nel cantato (riferimento storico per Amalfitano) ma ci sono anche tantissimi altri elementi che si mescolano in una canzone a livelli sovrapposti.

Vertigini, cori, blues e racconti confluiscono in Cafona, pezzo vivissimo e ricchissimo, tutto di corsa e tutto a precipizio. Si rallenta per raccontare Lisbona, ma soprattutto una lei che è elegante anche in mutande.

La sorpresa di essere sopravvissuti, i folli amori e i diavoli si allineano su Faccia di caffè, che apre voce e chitarra e poi allarga un po’ il giro. Un po’ di tristezza per chiudere un album che alterna molti umori al proprio interno.

Per certi versi Amalfitano sembra uscito da un altro tempo, con le sue radici profonde e i suoi riferimenti continui. Ma poi lo ascolti bene e capisci che il suo è il mondo del qui e ora, con tutta la vita che si sprigiona dai suoi pezzi, con il dolore agitato ma anche esorcizzato tra feste, balli, depressioni e risalite. Un disco bello, forte, vibrante, solido e con molte certezze da cui partire, anche per costruire delle incertezze e per svellere i punti di riferimento.

Genere musicale: cantautore

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