Analogic, “Eva”: recensione e streaming
Gli Analogic danno il via al loro progetto musicale con l’album Eva, una raccolta di brani che inneggia alla vita in un mondo ormai decadente.
La band descrive il progetto come:
Un disco che viene da dentro, dal profondo, un flusso di coscienza che esce direttamente dalle mani dei musicisti senza l’uso disumanizzante del digitale ed esprime una spontaneità che si riflette non solo a livello musicale ma anche tematico
Analogic traccia per traccia
Si parte da un recitato con Generazioni, che poi mette in pista un rock melodico, sulle prime moderato, poi piuttosto smodato per quanto riguarda ritmi e suoni, con qualche goccia di progressive qui e là.
Molto più placida Ave Natura, sorta di preghiera panteista, ma anche constatazione addolorata della distruzione alla quale stiamo assistendo. Citazioni poetiche come fil rouge dell’album.
Molto teatrale Mystic Orphic Music, che si aggira tra le ombre per alludere a misteri che (forse) la chitarra elettrica potrà risolvere. Le influenze del prog italiano si fanno molto concrete con la cover del classico degli Area Luglio Agosto Settembre Nero, con il basso in ottima evidenza e nessun complesso di inferiorità.
Si arriva a metà disco con Milano Magnetica, con i suoi panorami poco glamour e abbastanza desolati, a delineare un profilo di una città che si ama e si odia al contempo.
Parte da lontano Ode nichilista, che dopo un’intro vagamente inquietante diventa veramente inquietante con un cantato insinuante e sonorità che si muovono nell’oscurità. Finale rock’n’roll nostalgico e a tutta birra.
Molto morbida la seguente Masturbati, di e con Andrea Tich, che mantiene esattamente quello che il titolo promette, descrivendo le sensazioni dell’autoerotismo con un certo grado di realismo, fino all’esito finale affidato ancora una volta alla chitarra elettrica.
Ampie dosi di funk all’interno di I Am an Intellectual: “Io vivo di saccenza/in un mondo di demenza/badando all’apparenza/e sono pestilenza”. Insomma il ritratto perfetto di chi passa la vita a spaccare il capello (e delle volte non solo quello) nei commenti social.
Con Mirage, insieme a Letizia Racca, il cantato è in inglese, il pianoforte si occupa della parte melodica di un brano che sta tra il musical e i Queen, con una certa enfasi e un certo sentimentalismo, ma senza esagerare.
Indefinita chiude il disco appoggiandosi a suoni poco “Analogic”, nel senso che sono piuttosto sintetici. I ritmi sono rallentati, il paesaggio si svela un po’ per volta, la narrazione si fa placida.
Disco molto vintage ma anche molto ben fatto per gli Analogic, che si ispirano apertamente a epoche passate, ma senza farsene portare via e attualizzando almeno in parte i concetti. Attenzione ai dettagli e alle sonorità, molta inventiva e un pensiero guizzante contraddistinguono un disco che ha in serbo molte sorprese.