Strana la vita dei musicisti. Sai suonare tantissimi strumenti, ti esibisci su generi diversissimi tra loro, dimostri una completezza anche compositiva assoluta. Eppure milioni di persone ti conoscono esclusivamente come “il chitarrista di Vasco”. Andrea Braido pubblica il proprio The Best of in cui dimostra capacità decisamente non comuni dal punto di vista strumentistico (e questo ce lo si aspettava) ma anche una libertà di scrittura davvero considerevole.
I pezzi dell’album arrivano dai cinque dischi “Braidus in funk”, “Sensazioni nel tempo”, “Latin Braidus”, “Jazz Garden & Friends” e ” Dai Beatles a Jobim passando per…”, con quattro bonus track inedite.
Andrea Braido traccia per traccia
Si parte da M. Funk, in cui il “chitarrista” in realtà suona tutto, dalla batteria al Rhodes, dimostrando un’abilità e una freschezza peculiare soprattutto con il basso. Il funk del titolo confina e sconfina nel jazz, così come succede in The sound of the future, maggiormente caratterizzata dalla chitarra. Ma anche qui lo spazio per il basso, per ritmiche tribali e per un’allure quasi santaniana è più che presente.
West Est invece si muove verso oriente, con movimenti flessuosi di sitar che dialoga con la chitarra elettrica. Il viaggio continua con Spanish in my heart, evidentemente iberica e ispirata al flamenco e a idee più melodiche e tradizionali.
Danza de las Chicas mescola ancora Spagna, chitarra acustica, stappate di basso e un po’ di oriente per sentimenti jazz sorretti da un drumming competente. Acque più calme quelle di Belleza de Mujer, escursione del tutto melodica in cui il paragone con Santana torna di attualità. Old Time’s tiene fede al proprio titolo e accompagna l’ascoltatore in un jazz club in cui, ancora una volta, Braido occupa tutti gli sgabelli degli strumentisti, come in una sorta di soliloquio a più voci.
Molta calma in Song for My Mother, tra i pezzi più intimi e morbidi del disco. Particolarmente vivace al contrario la cover di Come together, con elementi country e western rock a regalare tessuti differenti al classico beatlesiano. Così come Norwegian wood, che con la precedente costruisce una sorta di continuità sonora.
Si torna al quattro corde come protagonista con un Bass Time che è in continuità d’intenti con il pezzo d’apertura della raccolta. Water of snow si costruisce su fili sottili di inquietudine, con la chitarra che entra nel discorso soltanto a brano già molto avviato.
Trip funk vede l’intervento rappato di Leonardo Braido e un tentativo di immersione in sonorità molto contemporanee. Al contrario si torna al classico con Harmony Dreams, che chiude la raccolta con dolcezza.
“Chitarrista che pubblica album solista” è sempre un’affermazione pericolosa: ci si può trovare di fronte a un ego monumentale costruito sull’abilità strumentale e su poco altro. Non è proprio questo il caso: Andrea Braido dimostra di aver saputo affiancare, nel corso degli anni, anche qualità creative di grande valore e varietà.