Antonio Dubois, intervista, recensione e streaming


antonio dubois“Ho ascoltato Elvis nella pancia di mia madre, e poi, con gli zii sessantottini, nell’affascinante casa di Castello a Cagliari, tanti cantautori: italiani, francesi, le nuove vibrazioni d’Inghilterra e d’oltreoceano… un universo di suoni maliardi, irresistibili. Così, come molti, ho iniziato a comporre le prime canzoni”.

Antonio Dubois racconta così gli inizi delle proprie esperienze musicali, che lo hanno portato, di canzone in canzone, fino a Sulla Bocca di Tutti, il suo ultimo album. Lo abbiamo intervistato.

Puoi raccontare la tua storia fin qui?

Credo sia la copia-carbone della storia di milioni di persone che amano la musica e vorrebbero farne il proprio lavoro. Non importano l’età anagrafica, la nazione o il periodo storico, è una sorta di rituale che si ripete nel tempo. Tornando al sottoscritto, la scintilla scocca osservando mio zio materno -con ciuffo rock impenitente, stra-fan di Elvis come mia madre- suonare la sua chitarra.

Da lì in poi fu amore totale per quello che sarebbe diventato il mio strumento. La prima canzone che imparai a suonare fu “Yuppi Du” di Adriano Celentano: il brano era composto da due accordi, avevo undici anni e mi sentivo il bambino più felice (e forse più figo!) del mondo. L’anno dopo cominciai a scoprire le canzoni “impegnate”, ascoltando gli Inti Illimani di “Viva Chile” e i cantautori italiani: De Andrè, De Gregori, Guccini… Soprattutto questa “corrente” musicale -trasmessa da una coppia di zii sessantottini- mi fece capire quale sarebbe stata la mia strada compositiva.

Non tralasciando le onde sonore inglesi e americane: il primo, vero, album rock comperato coi miei risparmi fu “Rebel” di John Miles, seguito da “Harvest” di Neil Young. Poi i Police, i Clash, gli U2 e in seguito Joe Jackson, Prefab Sprout, Tears for fears, Manic Street Preachers, per citarne alcuni. Tra gli artisti italiani, fui colpito e affondato da uno strano personaggio, una sorta di guitto polistrumentista con una voce fuori dalle regole e dalle tradizioni canore: Edoardo Bennato. E ancora più chiara fu quale sarebbe stata la strada da percorrere.

Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato nel realizzare il disco?

Le difficoltà sono state più d’una: penso al modo diverso di cantare tra le sessioni in studio e la performance live, per cui ho deciso di re-incidere quasi tutti i brani per avvicinarmi il più possibile a quelle vibrazioni più poderose e spontanee. Inoltre, il produttore non riusciva a trovare la chiave per tre dei dieci brani che compongono la tracking list (Mondo nascosto, Perturbato costante, Sulla Bocca Di Tutti): problema felicemente risolto con il contributo del mio chitarrista Daniele Trissati come co-produttore. Poi anche un evento tecnico: l’upgrade delle macchine dello studio presso cui l’album veniva prodotto, che ha reso necessario ri-missare tutti i brani. Ultima ma non ultima, la mia esperienza al corso Autori del CET, la scuola di Mogol: dopo i mesi di frequenza mi era venuta la tentazione di riscrivere tutti i testi dell’album! E anche per la parte musicale il produttore artistico manifestava dei “pruriti innovativi”… Ma ormai questo disco doveva uscire, visto che la venuta alla luce era stata già procrastinata oltremodo.

Come nasce “OrcoGentile”?

Mi fa piacere che tu mi faccia una domanda su questo brano, forse il più “difficile” dell’album… vuol dire che l’obiettivo è stato centrato! Il brano nasce per supportare una manifestazione contro una tragedia moderna: la pedofilia, ma io ho voluto allargare lo sguardo anche ad altre forme di violenza sui bambini: guerra, abbandono, sfruttamento lavorativo, mancanza di sicurezza affettiva… Questo sembra veramente un mondo lontano dalle loro esigenze. La sfida è stata coniugare una tematica così scottante con una pop-song: sembrava una contraddizione, una musica “leggera” per un tema “pesante”, ma ho voluto provarci, ed il risultato è stato apprezzato. L’inizio del brano è una sorta di cantilena infantile e l’arrangiamento apparentemente dolce, salvo poi tingersi di atmosfere rock nell’inciso. I personaggi della storia sono il bambino e il suo carnefice, bambino che poi diventa grande e deve fare i conti con la sua infanzia negata…

Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?

Ti giro la risposta da parte di Carlo Delicati, mio amico nonché produttore artistico: “Per il progetto Dubois abbiamo iniziato con un sistema basato su Apple Imac e scheda audio MOTU 2408. Tutti gli arrangiamenti sono stati fatti su Logic (ancora Emagic ) con librerie Akai originali anni 90. Chitarre Fender e Ibanez, Bassi Yamaha e Warwick. La seconda fase, quella conclusiva, ha visto l’utilizzo della scheda di conversione Antelope Orion con Logic Pro X con plug in Softube e Native Instruments per missaggio e pre-mastering. Pre-amplificatori Avalon e Focusrite, sommatore SPL. Monitor Focal e PMC.”

Puoi descrivere i tuoi concerti?

Qui tocchiamo un tasto dolente: come ben saprai in Italia i club che propongono materiale inedito sono in netta minoranza rispetto a quelli che nel loro palinsesto propongono cover band. Situazione che conosco perfettamente essendo il “titolare” dei FDAB-FalsiDellArchitettoBennato, unica cover band ufficialmente riconosciuta da Edoardo e dalla sua casa di edizioni musicali. Quindi, da tempo uso l’escamotage di presentare brani del mio repertorio all’interno delle uscite live dei FDAB. In questo periodo mi sto concentrando molto sulla promozione dell’album d’esordio, Sulla Bocca Di Tutti.

Il lancio è stato soddisfacente e il disco è stato richiesto in tutta Italia ma anche – inaspettatamente, essendo cantato in italiano – in Belgio e negli Stati Uniti. La prossima tappa per Dubois sarà a Milano: per la Fondazione Estro (capitanata da Amedeo Bianchi, sassofonista – fra gli altri – di Edoardo Bennato e Antonello Venditti) registreremo due brani in studio. Sarà una performance live ripresa sia in audio che in video nella cornice del prestigioso studio “Il Cortile”. L’esibizione sarà inserita in un database consultabile dagli addetti ai lavori. Altri eventi sono in standby e riguarderanno due format web internazionali.”

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento, e perché?

Considero un po’ ambiguo il termine “indipendente”, perché credo che il sogno di tutti -o quasi- i musicisti e autori sia di firmare un contratto con una major, che ti consenta di arrivare lontano: vedi il caso dei Thegiornalisti. Peraltro, anche i cosiddetti artisti indie dipendono da un’etichetta/casa discografica più o meno grande. Autoprodursi e uscire da soli al 100% pensando di raggiungere efficacemente un pubblico che vada oltre una ristretta cerchia è discretamente utopistico… Tornando alla domanda, apprezzo Levante, Calcutta e il mio amico e collega del CET, Enrico Cortellino in arte Cortex: tutti e tre propongono una canzone d’autore personale, fresca, eppure, nonostante gli addetti ai lavori si affannino a trovare segnali di rottura, i punti di contatto con la matrice originaria ci sono, eccome. E gli artisti sono i primi a riconoscerlo, con umiltà. D’altronde tutto ritorna in circolo, prima o poi.

Puoi indicare tre brani, italiani o stranieri, che ti hanno influenzato particolarmente?

Sono sicuramente molti più di tre!!! Comunque così, al brucio: When love breaks down (Prefab Sprout), Goodnight Song (Tears for Fears), Una notte in Italia (Ivano Fossati).

LINKS:

Video https://youtu.be/wSkiHzjmO_0

Sito: www.antoniodubois.it

 

Antonio Dubois traccia per traccia

antonio duboisIl pezzo d’apertura è Tu Sei, una canzone che si muove tranquilla e melodica tra elettronica e acustica. SI prosegue con la morbida Perturbato costante, giocata sulle rime baciate. La tracklist Sulla bocca di tutti si fa più acida e porta nel cantato e nello stile un primo omaggio a Edoardo Bennato (non sarà l’ultimo).

La più tranquilla Canzone dell’Assenza mostra un lato più intimo della scrittura di Dubois, a proprio agio con movimenti melodici soft. Accordi e Disaccordi apre in modo “orchestrale”, ma una volta svaniti gli archi rivela un lato pienamente pop.

L’armonica a bocca annuncia l’arrivo di Orizzonti di cartone, altro pezzo soft. Orco Gentile parla di infanzia con intenti di intensità e un assolo finale di chitarra. Sensazioni rock si avvertono in Mondo nascosto, con qualche idea vintage nelle sonorità.

Si prosegue con Apri le tue mani, canzone in cui prevale di nuovo il lato melodico. La chiusura è affidata a Franz è il mio nome, cover del già citato Edoardo Bennato.

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