Asia Ghergo, “Bambini elettrici”: recensione e streaming
Quando si elogiano le virtù dei social, capaci di portare alla ribalta i talenti senza troppe intermediazioni, spesso si parla di Asia Ghergo, partita (poco fa) con le cover su YouTube e approdata ora al primo disco, Bambini Elettrici.
La giovanissima cantautrice marchigiana ha saputo costruirsi uno stile e una riconoscibilità, che ora mette a frutto in dieci brani, rigorosamente tutti sotto i quattro minuti e tutti perfettamente in linea con le tendenze sonore attuali.
Asia Ghergo traccia per traccia
Con quella voce un po’ così, con quel cantato un po’ così, Asia mastica un po’ della prima canzone, che ha un ritmetto un po’ bluesy e un po’ di aggressività. Ecco 100 volte. Ritratto generazionale buttato un po’ lì ma efficace, senza dubbio.
Ecco poi Angeli, che si libra in volo, descrittiva e malinconica, con piccoli suoni di synth ma anche un po’ di chitarra funkettina.
“Siamo vivi e vegeti però sembriamo morti”: non è che trabocchi di ottimismo Occhi rossi, evidente figlia di un cuore spezzato, tra i brani più tristi e indie del disco.
Girettino di chitarra e cantato triste anche per Stare bene, altro pezzo dedicato ai sentimenti infranti, che poi si allarga un po’ con i cori e i synth.
Molto più fitta e concitata Sfere celesti, altro riferimento iperuranio dopo Angeli, che arriva a metà disco con una certa ansia.
Si torna sul morbido con Guardami ballare, che poi mette su un ritmo interessante e un po’ black per uno dei pezzi meno semplici, a livello sonoro, del disco.
Con Reset invece si rimbalza su grosse nuvole elettroniche, ancora con un drumming irregolare e soluzioni sonore dotate di inventiva a rendere il tutto più interessante.
Arcobaleni, al contrario che il resto del disco, prende possesso dell’età vera di Asia e la proclama anche, colori, ballocchi, atteggiamenti giocosetti e tutto.
Voli pindarici e cosmici quelli che aprono Una gonna, evidentemente dedicata alla madre, ma anche alle proprie particolarità.
Si chiude con Coraggio, mezzo tempo soffice che alza un po’ la voce e che parla di aperture e che suona di (auto)incitamento.
Confesso che non l’ho ancora capita, Asia Ghergo. Non ho capito se sarà l’icona della generazione oppure se sarà una bolla di sapone che esplode e sparisce più veloce di un meme di successo.
In ogni caso le va reso merito di un disco ricco, ben scritto, “pop” nel senso migliore del termine, ottimo interprete del tempo corrente. Il futuro, se ci sarà, lo conosceremo a tempo debito.