Batman contro la psicanalisi #sottotraccia

Con l’umile ma malcelata ambizione di fornire ai lettori di TRAKS qualcosa di “diverso”, che si possa leggere accanto, insieme, sopra e sotto la musica che accompagna le nostre giornate, questo agosto abbiamo deciso di proporre o riproporre alcuni articoli monografici che abbiamo scritto in passato, per lo più su altre testate, e che non volevamo andassero persi. Letture estive, ma anche per ogni stagione.

Il mondo si divide in due tipi di persone: chi vorrebbe essere Superman (anche se non lo sa) e coloro i quali vorrebbero essere Batman. È una dicotomia che si è presentata sotto svariate altre vesti: giorno e notte, Apollo e Dioniso, boy-scout e devianti. Si semplifica, naturalmente. Superman e Batman, soprattutto Batman, sono personaggi molto più complessi di così.

Al contrario dei più “recenti” personaggi Marvel, nati per lo più negli anni Cinquanta e figli di una certa concezione quasi psicanalitica (“supereroi con superproblemi” secondo la definizione del loro creatore Stan Lee), gli eroi della DC, come appunto Superman, Batman, Wonder Woman, Lanterna Verde, Flash sono, o almeno erano al principio, delle personificazioni di archetipi.

Flash, appunto, è la velocità portata all’estremo; Green Arrow è un super Robin Hood, Wonder Woman la donna perfetta, la risposta migliore e più convincente al semidio ammazzamostri sempre e comunque maschio e machista.

E poi c’è Superman, naturalmente. Figlio sì di una tragedia, addirittura di un pianeta che esplode. E lui, ultimo erede di una stirpe distrutta, che arriva sulla Terra. Ma poi, una volta arrivato tra noi mortali, un dio. Invulnerabile, fortissimo, imbattibile, velocissimo, con la vista calorifica ma anche a raggi X. Che palle.

Oppure c’è Batman. Un uomo. Ricco, con tanti gadget, un talento investigativo non comune, doti atletiche notevoli. Ma un uomo. La storia è nota: perde i genitori da bambino, durante una rapina finita nel sangue. Si appoggia ad Alfred, maggiordomo con funzioni paterne e poi partner contro il crimine.

Così inizia la sua crociata, sublimando la paternità (oppure, secondo una tesi in voga per un certo periodo, pulsioni omoerotiche) adottando Robin, giovane con una storia personale simile ma senza eredità miliardaria.

Non è un bravo ragazzo, Batman. Forse lo è il suo alter ego, il playboy vanesio Bruce Wayne. Ma il Batman degli esordi usa armi da fuoco e non si fa problemi nell’uccidere i malviventi. Soltanto in un secondo tempo e a causa del Comic Code, il codice di autoregolamentazione dei fumetti americani in chiave anti-violenta, inizierà a diventare un personaggio più sottile e suggestivo.

Ed è così che si accentuano l’aspetto notturno, le tecniche di investigazione, gli appostamenti iconici sui tetti di Gotham City (versione oscura di New York City tanto quanto la Metropolis di Superman ne è una versione diurna), i gadget tecnologici spesso improbabili, la Batcaverna, i mezzi di trasporto mirabolanti, a cominciare dalla Batmobile.

Ma ciò che davvero dà sostanza e tridimensionalità a un supereroe sono i nemici contro i quali si misura. E non è un caso se i nemici storici di Batman sono praticamente tutti malati di mente.

E come gli eroi DC sono ipostasi della forza, della velocità, della precisione, i nemici di Batman sono spesso quasi la personificazione delle malattie stesse, come il paranoico Spaventapasseri, lo schizofrenico Due Facce, il pazzo a tutto tondo Joker. Anche gli altri supereroi hanno spesso a che fare con supercriminali con super problemi mentali, spesso megalomani (Lex Luthor, Dottor Destino, Kingpin e chi più ne ha più ne metta), ma qui il conflitto sembra più radicato.

In fondo Batman stesso è malato, vittima di quel trauma infantile mai superato. E in qualche modo il suo approccio è antipsicanalitico: invece di superare il trauma, ci costruisce sopra non una ma due vite, quella diurna fatta per lo più delle frivolezze del megamiliardario (anche se nel corso degli anni questo tipo di atteggiamento è cambiato più volte); quella notturna che sfoga la rabbia con violenza contro i cattivi, caratterizzata anche da un’ossessione costante, maniacale, che lo porta a essere un investigatore perfezionista e puntiglioso.

Non è un caso se uno dei suoi nemici principali, soprattutto in anni recenti, sia uno psichiatra, il dottor Hugo Strange, ovviamente anche lui affetto da svariate psicosi. Né è un caso che in uno dei vari film dedicati al personaggio, Batman Forever, l’uomo pipistrello fosse faccia a faccia con una fidanzata di Bruce Wayne psicologa, la peraltro notevolissima Nicole Kidman.

La narrazione di Batman, storicamente, ha preso una svolta più oscura e concreta quando a scriverne e disegnarne le storie arrivò il genio di Frank Miller, noto anche per una delle saghe fumettistiche più straordinarie e importanti della storia come Born again per il Daredevil della Marvel, nonché di vicende poi raccontate anche per il cinema come 300 e Sin City.

Fu con Miller che emerse in pieno non soltanto l’umanità di Batman, ma anche la sua possibilità di essere colpito, di sanguinare, di essere spezzato. Di essere davvero interessante, insomma. Curioso no? Cerchiamo nei supereroi le capacità supreme, quelle abilità che noi non abbiamo e non avremo mai, e poi ci appassioniamo a loro proprio quando si rivelano fragili e fallibili quanto noi.

E in questo non c’è eroe interessante quanto Batman: così forte e inflessibile quanto fragile, se Freud lo avesse conosciuto avrebbe scritto sette volumi su di lui. Ma non sarebbe mai riuscito a vincerne la testardaggine e non avrebbe mai potuto curarlo. Per fortuna, verrebbe da dire.