Non essere schiava di nessuno e di niente recita il ritornello di Andiamo ai rave, la prima traccia del nuovo album dei Baustelle, intitolato Elvis e atteso come si attendono le ferie dopo un anno di lavoro. Non essere schiava di nessuno e di niente potrebbe essere anche il ritornello dell’intero album, che assomiglia in modo impressionante alla baustelliana essenza che tutti noi fan conosciamo bene, e di cui ci siamo sentiti almeno un po’ orfani in questi cinque anni di assenza, tra dischi singoli per Rachele Bastreghi e Francesco Bianconi e nostalgici riascolti di vecchi capisaldi del repertorio della band, con il vociare di un possibile e temuto scioglimento che, fortunatamente, per ora non sembra proprio volersi concretizzare.

Dieci brani che smettono di strizzare pesantemente l’occhio all’elettronica come e ritornano alle sonorità raffinate e un po’ retrò, ma tanto rock, e ai testi disarmanti e rivoluzionari che non vogliono girarci intorno, vogliono proprio dirtelo in faccia quello che pensano, anche quando il soggetto sei tu. Dieci brani che ricordano a chi c’era 21 anni fa all’uscita di Sussidiario illustrato della giovinezza perché questi ragazzacci di Montepulciano ci sembravano una bella promessa e che spiegano a chi prova ad ascoltarli per la prima volta perché è necessario prendere qualche giorno per mettersi in pari con l’intera discografia. Per indicazioni, telefonare a ore pasti. Che poi ai concerti di quest’estate pare brutto non cantare, dai.

Baustelle traccia per traccia

Per restare vivi organizziamo concerti / party sulla spiaggia dove socializzare / per non vedere il vuoto mai / dentro di noi

Un inizio per niente indolore, quello che hanno scelto i Baustelle: Andiamo ai rave è una seduta di psicoterapia non richiesta per chi abitualmente riempie le giornate di apparenza e cose superstar da fare, per non guardare in faccia quello che realmente ha dentro di sé, per dimenticare quello che vorrebbe e non ha. Ci sono storie di uomini e donne che provano a non sembrare animali e cercando disperatamente di somigliargli. Bianconi e Bastreghi cantano insieme, ci sono violini e cori, sembrerebbe quasi tutto bellissimo se non fosse che il brano è una delle fotografie più significative di un periodo storico fatto di apparenti felicità e latenti disperazioni.

Mi sveglio presto la mattina, lascio stare il grande vuoto, la sinistra / scelgo se farmi di coca o Coca-Cola o canticchiare le canzoni estive

Il secondo brano in scaletta, Contro il mondo, è una naturale conseguenza di quanto appena ascoltato. Una sintesi ben distaccata di una relazione che si è consumata, chiudendosi su se stessa e lasciando angoscia del domani, dell’oggi, e anche un po’ di quel passato che ci ha reso le creature fragili e dipendenti che siamo diventati. Scelto come primo singolo estratto, il pezzo riesce a unire il passato della band al presente, per atmosfere e sonorità, per intenzione e per necessità.

Fine dell’estate della nostra vita / sembrano rimaste solo sigarette spente / e un colossale niente

Il vuoto continua a governare: La nostra vita si interroga su cosa rimane, cosa è rimasto, cosa ha avuto senso e cosa probabilmente non ne ha mai avuto, mentre una scritta al neon diventa la sola certezza, così come l’amore che talvolta sembra voler essere per sempre anche quando non te lo aspettavi proprio. C’è ancora spazio per sorprendersi, o è davvero tutto segnato? Viene voglia di chiederselo, forse è anche giusto farlo.

Milano è la metafora dell’amore / di tutto ciò che cambia, della vita che va / da sola in una grande geografia del dolore sta

Milano è la metafora dell’amore, nonché la città adottiva della band: da sempre presente nei testi, smaccatamente o meno, torna a essere protagonista di un pezzo che sembra essere una dichiarazione di amore necessaria, che fotografa momenti, scorci, incroci e abitudini. Una città che uccide e resuscita, che sa accogliere ma anche respingere, proprio come un amante.

Jackie di giorno lui, la notte lei / in equilibrio si sta / senza pietà

Quella di tracciare profili di anime è un’abitudine dura a morire: Jackie e la sua storia sono protagonistə di un brano intenso, estremamente realistico, che sa di serate di pioggia e maldicenze, di trucco appariscente e di sogni glitterati e semplicissimi. Qualcuno va, qualcuno resta, il piano continua a fare da sottofondo rendendo visibili espressioni, rendendo tangibili i pensieri e i tormenti.

Ho sceso già un milione di scale ero un cantante almeno vent’anni fa / ti ho preso il braccio per poterti sposare / il giorno è morto, ma nessuno lo sa

Los Angeles sembra essere un potenziale singolone, di quelli che sembrano fatti apposta per essere cantati senza pensare troppo. Eppure, tra citazioni di Eugenio Montale un po’ scomposte, sogni di fuga per la libertà e rock & roll di quello che manca troppo spesso nelle playlist di Spotify, ci sono cuori che vogliono provare ad andar via e lasciarsi alle spalle lo squallore e andare a caccia di un maledetto mondo migliore. Umanità e disperazione, convivenze forzate e forzati successi.

Legge i tarocchi lo scrittore ambulante / e talismani che trasmettono niente / a chi lo segue con la fede e col grano / frutta bene fare il Messia

Si continua a rockeggiare, a manifestare dissenso e a dire cose scomode: Betabloccanti cimiteriali blues ha le caratteristiche del pezzo senza tempo, quelli che denunciano situazioni, prendono posizione, cercando di dare un la scossa a chi non riesce a comprendere da solo. O forse, più probabilmente, non vuole.

Regina del rock / bambina del roll / Sei così chic / sei tutto quello che ho

Gran Brianza lapdance asso di cuori stripping club è un altro spaccato di vita, quello di un locale non proprio stellato in cui si avvicendano sosia di Elvis, Lolite invecchiate, disfacimento, pellicce, velluto blu, ostentazione e depressione. Un coro che invece sembra voler far pensare che sia tutto ok, che l’amore trionferà, che sogni e guai continueranno a convivere per poi portare alla felicità. Impossibile non cantare.

Mio Signore, vienimi a salvare / quando ho sete ho fame o devo vomitare

Una complessa sfida, quella che viene affrontata ne Il regno dei cieli: relazioni tra mele morse e sale parto, tra fine del mondo e necessità di speranza, che termina con un coro degno di una celebrazione americana, figlia di un vuoto evidente e di tentativi di farlo sembrare pieno, fino a prova contraria almeno.

Delle due di notte senza telefonare / cervo sacro e impossibile da sacrificare / sarai forte e più felice di me che ho sbagliato sempre

Canta solo Bastreghi nell’ultima traccia, Cuore, con voce emozionata ed emozionante che sembra ripercorrere le tappe di un’esistenza di qualcuno e di tutti, sofferta e ogni tanto colma di speranza, in equilibrio tra colpe e sbagli, ma senza rabbia. Forse una speranza può esistere, ma non mentre dal quinto piano si precipita in fondo, acquisendo una consapevolezza necessaria a lasciarsi andare in pace.

Commovente, emozionante, elegante. Non deludono le aspettative i Baustelle: hanno il coraggio di dire, hanno la forza di andare oltre, di rimanere se stessi e di farlo con la faccia spavalda, nel sacro nome del rock.

Genere musicale: indie rock

Se ti piacciono i Baustelle ascolta anche: Francesco Bianconi

Pagina Facebook Baustelle

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi