Un disco che arriva in ritardo di vent’anni: l’ex frontman dei Tazenda Beppe Dettori pubblica @90, disco che ha avuto un percorso accidentato.
«Nel 1998 decisi di produrre e realizzare un progetto discografico. Genere pop-rock, in italiano, quindi con innesti di canzone d’autore. Scrissi dei brani con Giorgio Secco decidemmo a breve di realizzarli in studio con i musicisti. L’esagono di Rubiera, studio di registrazione tra Reggio e Modena ci diede ospitalità. Assieme ai musicisti ci “buttammo a capofitto” nelle sessions di registrazione.
Eravamo talmente assorti e coinvolti nel progetto, che non si capiva quando era giorno o notte, sopra o sotto, sembrava di essere stati rapiti dall’antica e mitologica civiltà di Atlantide che, attraverso un Nuraghe, ci catapultò in altra dimensione, sommersi in fondo al mare, ma protetti da uno scudo invisibile che ci consentiva di vivere, respirare e godere di quello che si produceva: Musica!» Beppe Dettori
Una volta finito e mixato il disco, proprio quando era pronto per essere ascoltato dagli addetti ai lavori il progetto spiaggiò. Appuntamento dopo appuntamento, poltrona dopo poltrona, l’entusiasmo cominciò a sgretolarsi in frammenti di rabbia e incomprensione. E fu per questo che Dettori e il suo team decisero di ibernare il progetto.
Oggi, dopo 20 anni, e dopo aver vissuto passate esperienze nel difficile mondo discografico ed editoriale, nell’ambiente musicale a tutto tondo, dietro le quinte e in scena, Beppe Dettori e Giorgio Secco si sono ritrovati. Dopo avere dissotterrato l’album, ripulito e rimasterizzato le tracce, tutto ha riacquisito un senso rivelandosi ancora profondamente e incredibilmente attuale.
Beppe Dettori traccia per traccia
Si parte da una cover, e di quelle significative: c’è infatti Monnalisa di Ivan Graziani ad aprire il disco, proposta qui in maniera anche più amara e beffarda dell’originale.
Chitarre e influssi folk che si mescolano con idee cantautorali in Starò meglio, brano di un certo ottimismo.
Più acidina la seguente Mentre passa, che si aggira in territori rock blues, con una sezione ritmica piuttosto robusta.
Sha la la è una canzone abbastanza schizofrenica, con ritmi diversificati, un finale cattivo e, non a caso, parole sulla follia.
Un po’ più dialettica Fermi il tempo, con un pizzico di pianoforte in mezzo a molta elettricità però “melodica”.
Si va a caccia di suggestioni con I’m fallin’ down, titolo inglese (che fa pensare a Springsteen e Tom Petty) per un brano in italiano di una certa intensità.
Dinamica ed “esplorativa” Sono uscito, con la chitarra sempre in bella evidenza. Quando è ora di andare fa i conti con il tempo e il momento giusto, quello del salto.
Mi piace stare qui affronta il discorso con una certa calma ma anche con alcuni rimpianti, mettendo in mostra le virtù della voce.
Si parla di guerra e soldati con Rabbia e dolore, con qualche passaggio di synth, stemperato da una sostanza del brano che pende quasi verso il soul.
Un momento, acustico, di calma si recupera con Tutto il veleno. Si chiude con un ultimo brano moderato ma mosso come Prendo quel che c’è.
Per quanto all’epoca non lo sapesse, Beppe Dettori aveva fatto le scelte sonore giuste per far sì che il suo disco resistesse alla prova del tempo, al netto di ripuliture e rimasterizzazioni successive.
Perché la sostanza rock del cantautorato proposto dall’ex Tazenda, venata di blues e folk, è forse la più adatta a superare le ingiurie del tempo. Se a ciò si accompagnano testi ben scritti e con qualità, la sfida può dirsi vinta.