Black Lagoon, “Black Lagoon”: la recensione
Diviso in lato A e lato B, pubblicato in settantasette audiocassette numerate, dalla laguna nera esce Black Lagoon, esordio omonimo. Black Lagoon è il progetto solista di Andrea Signorini, conosciuto per Afraid! e Hell Demonio.
“Il suono del futuro che ricorda un momento già vissuto, lo spazio che incontra la terra in una danza ancestrale. Black Lagoon emerge dalle melme cosmiche per regalare visioni utopiche, flussi tribali incanalati in sequenze che smuovono memorie remote”: così il comunicato stampa di presentazione del disco.
Black Lagoon traccia per traccia
Il disco apre con Tangerine, brano che comincia con un filo di inquietudine e che poi ne aggiunge sempre più, sostenuto con forza da un drumming scomposto e robusto.
Più voluminosi gli spessori messi in campo da Vostock, che occupa tutto il campo d’ascolto con un flusso totale e massimalista.
Escape chiude il lato A con un beat piuttosto nervoso e con piccoli rivoli elettronici che colano di lato al pezzo.
La seconda metà si apre con Legba, che dopo aver eretto un muro sonoro nella prima parte, si scompone fra influenze orientali e richiami lontani.
Si resta in Oriente, anche se sembra un Oriente lovecraftiano, con Azibi, evocativa ma anche giocata sullo stretto, su piccole battaglie elettroniche che sfociano in un trionfo quasi edm.
Si chiude con le verità, determinate e oscure, di Truth, che macina chilometri in tunnel claustrofobici, prima di trovare una via d’uscita soddisfacente.
Progetto interessante e molto vivo, quello di Black Lagoon/Andrea Signorini: benché l’uscita, tra cassette e divisione in lato A e B, proclami “vintage” a pieni polmoni, il disco guarda decisamente avanti, e con cospicuo spirito curioso.