Bonetti, “Dopo la guerra”: recensione e streaming
Bonetti ha pubblicato Dopo la guerra, nove tracce inserite abbastanza chiaramente nel filone dell’indie pop. Il progetto Bonetti ha inizio da una manciata di canzoni registrate in casa con un vecchio multitraccia.
Quei brani, ancora grezzi, attirano l’attenzione di Omid Jazi (già polistrumentista per i Verdena) che accetta di lavorarci su arrangiandoli e registrandoli tra il suo studio di Modena e l’Hackney Road Studios di Londra.
Il tutto avviene sotto la supervisione di Shuta Shinoda (già collaboratore di Hot Chip, Primal Scream e My Bloody Valentine) che partecipa in qualità di ingegnere del suono. Le canzoni piacciono a Costello’s Records che a novembre 2015 pubblica Camper, il primo disco di Bonetti. Nel giro di poche settimane escono diverse recensioni entusiastiche su alcune delle più importanti testate musicali e non solo.
Il 2017 lo vede ancora impegnato con alcuni concerti, ma soprattutto con la scrittura del nuovo album. Nel giro di un anno sono successe tante cose anche nella sua vita privata che lo spingono a comporre brani più riflessivi, personali, legati tra loro da un sottile filo che ha che fare con la guerra.
Non la guerra delle bombe e degli eserciti, ovviamente, ma una guerra più intima, quasi esistenziale. Questa volta alla produzione lavora Fabio Grande (già produttore di Colombre e Mai Stato Altrove, nonché autore e cantante de I Quartieri).
Alle registrazioni partecipano Francesco Aprili (batterista di Giorgio Poi e Germanò) e Pietro Paroletti (polistrumentista per Colombre), mentre del mastering si occupa Andrea Suriani.
Le nuove canzoni attirano subito l’attenzione di Labellascheggia, etichetta piccola ma molto attiva che, tra gli altri, ha pubblicato i dischi d’esordio di Cosmo, i Camillas e Effe Punto.
Bonetti traccia per traccia
Dopo l’introduzione di synth Signore e Signori Veniamo Dal tutto Vogliamo Niente, ecco Correre Forte, che porta dentro l’ingresso del pop gentile e stratificato di Bonetti, con sonorità che ammiccano al vintage. “La felicità non si merita/lo dicevi anche tu/quando c’è si vive”: filosofie spicciole che catturano in fretta.
Gentile e giocata sul giro di basso, ecco Cosa Mettono Nei Muri, molto “cantata” e con una tessitura molto fitta.
Molto più vivace, ecco Eleonora, dialogo e ritratto con un riff distintamente pop-rock e qualche riferimento anni ’80.
Invece E’ Guerra preferisce abbassare nettamente suoni e toni, raccontando di eventi bellici del tutto personali e intimi, per una delle canzoni più musicalmente semplici ma probabilmente più difficili da scrivere.
Gerani torna distintamente al pop, declama un po’ del proprio disprezzo, ma in modo piuttosto spaesato.
Più pensosa e ricca di synth, ecco poi l’oscillante Dobbiamo Tirar Fuori Qualcosa. Un testo intimo e articolato, un po’ di Battisti, un altro giro di basso che si fa notare ne fanno una delle canzoni più notevoli del disco.
Si rimane sul meditativo, ma ritmato, anche con Il Futuro, che vede movimenti sonori in parte minacciosi alle spalle di una semplice linea di chitarra e voce.
Si chiude con R: un battito forte e continuo, un umore ancora tendente allo scuro, un utilizzo delle parole consapevole e maturo.
Bonetti riesce a far convivere registri diversi in un disco sempre in movimento, scritto con la coscienza del cantautore ma con un accurato rispetto dei suoni del presente. E con un senso della misura che non si riscontra proprio in tutti i dischi indie.