In breve: cinque recensioni per te
TRAKS torna a proporti le sue cinque recensioni in breve: puoi recuperare una serie di ascolti che magari ti erano sfuggiti.
Santamuerte, “Big Black Sister”
Con una lunga gestazione alle spalle, è uscito da qualche tempo Big Black Sister, primo album dei Santamuerte prodotto da MiaCameretta Records e VDSS Records, registrato e mixato al VDSS Recording Studio da Filippo Strang. Le tracce oscillano tra una fascinazione latin-rock tex-mex apertamente evocata dal nome della band e dal titolo dell’album, a episodi più schizofrenici, per esempio il punk estremista e sgangherato di Beautiful Last Dream. In altri casi, come On the Knees, la furia è più contenuta e assoggettata a discorsi versatili e mobili. Pezzi come We Cook Snakes Tonight aprono orizzonti psichedelici. La band dimostra di avere le idee chiara anche in pezzi più lenti, come Pigeons, e di avere dei modelli di comportamento discutibili con Frank Abagnale. Un disco sicuramente interessante, con un buon numero di sfaccettature e un concept brillante.
[bandcamp width=100% height=42 album=3906516068 size=small bgcol=ffffff linkcol=0687f5]Atlantic Tides, “Lily of the Valley”
La band milanese degli Atlantic Tides si forma nel 2010 e percorre l’abituale cursus fatto di demo, ep eccetera. Oggi approdano a un full length robusto e ruvido, con dieci canzoni influenzate dal grunge, Lily of the Valley. Insieme a pezzi “da corsa” tipo Hard Times, ci sono anche spazi per strutture più fluide, come per esempio quella della title track Lily of the Valley. Qui e là c’è spazio anche per momenti leggermente più tranquilli, come per esempio l’introduzione di In the Wings, che però non toglie spazio a chitarra e drumming. Altri pezzi, come Bottles, puntano tutto sull’aggressività e l’elettricità. Un disco molto convinto, magari non innovativo ma ricco di energia per il quartetto.
Buckingum Palace, “Macedonia”
I Buckingum Palace sono un trio a maggioranza femminile (Annalisa, Clara e Stefano) che predilige le piste dell’indie e del post rock. La band, formatasi nel 2015 dalle ceneri di due progetti differenti, pubblica a maggio 2016 Apricot, e ora Macedonia, primo ep ufficiale, per il quale Marco Ancona (Bludinvidia, Fonokit) cura registrazione e mixaggio. L’ep, composto da sei tracce, si apre con Cosmesi, che propone sonorità indie e un drumming determinato ma anche spazi larghi di meditazione elettrica. L’anima post rock sale di colpi con Vincolo Polare Artico, determinata presa di posizione quasi del tutto strumentale. Rangotango si situa nella zona che sta tra il post grunge e i Sonic Youth. Altre deviazioni psichedeliche si registrano con Tipo Coleottero, mentre la conclusiva Dallo spazio gioca volentieri con l’acceleratore. Progetto molto interessante dalle scelte sonore significative: lo si attende alla prima prova “lunga”.
Sinatras, “Drowned”
Che recensioni in breve sarebbero senza un po’ di metal? Ci pensano i Sinatras (da non confondere con i quasi omonimi The Sinatra’s che fanno tutt’altro) una band Death’n’roll composta di musicisti di esperienza che pubblicano un incendiario Drowned. Il disco apre con le peggiori intenzioni, cioè con una title track gridata e picchiata con intenti distruttivi. Le tracce corrono via, anzi scivolano come lava fusa: chitarre e drumming non si concedono pause in brani come Chockroach o Flow, mentre Something to hate presta il fianco a qualche discorso un po’ più fluido e con qualche divagazione. Lavoro molto compatto e omogeneo, non ideale come colonna sonora di un appuntamento romantico, diciamo, ma poi dipende sempre dai gusti.
Human Colonies, Big Domino Vortex
Gli Human Colonies pubblicano Big Domino Vortex, secondo ep che il comunicato stampa definisce “un prepotente ritorno a sonorità più “sporche” e psichedeliche”. Il nuovo ep apre le danze con Sirio, che oltre alle affinità astronomiche fa immediatamente pensare alle band shoegaze di profilo più alto. La title track Big Domino Vortex segue, accelerando e seguendo le dinamiche del dream pop di marca Spiritualized. Profili post rock emergono in un pezzo come Vesuvius, mentre la più colorata Mondrian si fa apprezzare per il piglio deciso. Si chiude con Psychowash, che ha qualcosa di icastico e statuario. Buon ep per la band, che però deve fare qualche passo in più per affermare una personalità più distinta.