Si chiama Vivi per sempre ed esce il 1° marzo (Maciste Dischi, distribuzione Artist First) il nuovo disco dei Canova, indie band lombarda che ha già fatto colpo nel mondo pop con Avete ragione tutti, il disco precedente, e soprattutto con una serie di singoli, da Manzarek a Threesome, carichi di passione gentile.

Il nuovo disco è stato anticipato da un’altra manata di singoli (Domenicamara, Goodbye Goodbye, Groupie) che hanno confermato il feeling positivo della band per la canzone indie ben scritta, come pochi altri gruppi della scena si possono permettere.

Li abbiamo incontrati in una tavola rotonda proprio nella sede di Artist First in corso Garibaldi a Milano (oddio, rotonda, in realtà era rettangolare e loro erano divanati. E comunque sì, ci sono anche delle domande non di TRAKS in questo resoconto. Ma quelle di TRAKS si riconoscono perché sono largamente le più fighe). Perciò via alle domande.

A rispondere è in prima battuta Matteo Mobrici (voce, chitarra e autore dei testi), mentre Federico Laidlaw (basso), Gabriele Prina (batteria) e Fabio Brando (chitarra) intervengono spesso a offrire il loro parere.

Cambia qualcosa da aver scritto un primo disco da sconosciuti a farlo ora quando sapete che molta gente lo ascolterà?

No, non cambia niente, anzi forse è peggio. Però siamo stati molto liberi nella scrittura e nel lavoro che ha portato al disco. Quindi non abbiamo pensato minimamente al pubblico, dico la verità. Anche perché pensiamo che il nostro futuro potrà andare prima o poi verso un’altra direzione. Comunque non vogliamo ridurci a fare i dischi uguali e a essere le copie di noi stessi. Noi cresciamo, le nostre vite prenderanno certe strade e sicuramente andranno anche nelle canzoni questi cambiamenti.

Quindi noi ci auguriamo di vivere con libertà. Siamo stati abbastanza liberi nell’approccio anche perché è talmente veloce il tutto che se tu conosci il pubblico a gennaio è probabile che a gennaio dell’anno dopo sia cambiato del tutto. Quindi non vale neanche la pena ragionarci più di tanto. Noi abbiamo fatto i cavoli nostri.

Diciamo che come sempre abbiamo messo al primo posto le canzoni, senza stare a pensare troppo a chi le avrebbe ascoltate. Un processo creativo molto simile a quello del primo disco. Anche perché il primo lo avevamo fatto per noi. Non pensavamo neanche che sarebbe andato da qualche parte. Finito l’ultimo concerto ci siamo guardati e ci siamo detti: “Ripartiamo da zero, non sentiamoci privilegiati in nessun modo”.

E questo approccio è risultato vincente per quanto ci riguarda: finché sei te stesso vinci sempre. Però ci siamo messi in discussione, quindi siamo curiosi anche noi di capire come verrà preso questo disco. Vedremo.

Perché la scelta di questa copertina?

Siamo stati fedeli al disco precedente: canzoni vere, copertina vera. Quindi abbiamo cercato su Instagram liberamente una fotografia che ci piacesse in modo particolare. Quindi abbiamo fatto una megaricerca sui profili di tutto il mondo, anche perché lì dentro ormai ci stanno le vite delle persone, quindi se vuoi una fotografia “vera” devi andare là.

Avevamo selezionato un centinaio di fotografie ma questa veniva sempre a bussarci, questo cane voleva essere pubblicato. Ci sono tantissimi sentimenti in questo volto e in questi occhi, l’innamoramento, la delusione, lo smarrimento, la gioia… Quindi ci siamo innamorati di questa foto e abbiamo contattato la ragazza tedesca che ha postato la foto. Aveva fatto la foto in una sua vacanza in Sudafrica qualche anno fa. Tra l’altro ci ha anche risposto: “Ma perché vi piace ‘sta foto?”. Ma ha molto carattere e va a compensare magari qualche limite della foto.

Abbiamo rischiato molto perché vedi una foto su internet e non sai neanche dove la persona ha scattato. C’era anche poco tempo. Ma ci siamo buttati totalmente in questa idea e dopo pochi giorni era in stampa.

Quanto sono autobiografiche le vostre canzoni?

Le canzoni sono tutte autobiografiche, nel bene e nel male. Le canzoni sono più un’esigenza che un modo per fare dei dischi. Le canzoni racchiudono un anno di vita. Scrivere brani non è così divertente. E’ come guardarsi allo specchio. Ti giudica una canzone. Ci sono delle cose che vuoi dire ma magari riesci a farlo soltanto tramite la musica. Scopri parti di te che non avresti mai pensato.

La scrittura della canzone non è proprio il massimo della felicità, ma poi diventa condivisione e questo è un aspetto molto bello. Noi suoniamo da tantissimi anni e abbiamo scritto moltissimi brani, molti li abbiamo buttati perché servivano per arrivare allo step successivo. Però quei brani sono serviti per migliorarsi e per migliorare noi come band.

TRAKS: Avete scritto e buttato molto anche per questo disco, a quanto ho letto. Quali sono stati i criteri di selezione?

canovaLa selezione è un po’ dittatoriale, nel senso che scrivo le canzoni e poi le guardo da lontano. Dopo che le guardo da lontano dico: “Ok, questa mi piace”. Dopo di che passa agli altri. Noi non vogliamo ripeterci, quindi vogliamo creare un disco dove ogni canzone abbia il suo mondo. Per questo non c’è un brano chiave. Queste canzoni creano un racconto, un anno di vita. Il bello è proprio questo: c’è anche una scelta dietro la scelta dei brani.

Alcune le abbiamo anche recuperate: Ho capito che non eravamo e 14 sigarette esistevano già. 14 sigarette doveva entrare nel primo disco ma non avevamo avuto il coraggio, Ho capito che non eravamo se la giocava con l’edizione deluxe. Ovviamente sono tutti salti nel vuoto: non sai se stai facendo la scelta giusta, però vai a naso.

TRAKS: Ma tornando all’autobiografismo delle vostre canzoni: ma quanto, nel dettaglio, c’è di autobiografico in Groupie?

(Risate) Mah il groupismo… Esiste il termine?

TRAKS: Be’ ora esiste…

Fai conto che negli ultimi due anni di vita abbiamo girato in lungo e in largo (altre risate). E abbiamo scoperto tutto un mondo che pensavamo esistesse soltanto nella storia… e invece esiste ancora! Però nella canzone, che forse non è stata capita, ho cercato di inserire il romanticismo che c’è in questo rapporto tra il cantante e una groupie.

In qualche modo è una canzone un po’ in difesa nei confronti di una ragazza che si innamora della canzone e di chi si sta esponendo nel cantarla. Quando dice: “Ogni voce che senti ha sempre lo stesso sapore”. Perché lei che senta la mia voce o quella di un altro si innamora lo stesso. Però a me piaceva raccontare quello che sarebbe potuto diventare al di fuori dei nostri ruoli.

Cioè se io avessi conosciuto questa ragazza e non fossi stato un cantante e lei non fosse stata un’appassionata di concerti, la nostra vita ci avrebbe fatto incontrare lo stesso? Alla base c’è tutto un mondo che è fatto di passione per la musica e passione per i musicisti. Poi ci sono dei riferimenti tipo “il sangue della vita”…

TRAKS: E il sangue è sangue…

Ecco ci sono dei riferimenti sessuali. Ma mi rendo conto che da fuori non si capisca. Però è un piccolo dramma per chi sale su un palco. E comunque fa bene parlarne nelle canzoni.

TRAKS: Ok. E non ho chiesto niente di Threesome tra l’altro…

Ecco, di questo parliamo poi al bar…

In molte canzoni si sentono influenze molto british, tipo Robbie Williams oppure Ocean Colour Scene

E’ vero, siamo cresciuti e ascoltiamo ancora questo tipo di sound. Le ballad italiane sono un po’ diverse da quelle inglesi, hanno proprio un altro tipo di sapore. Noi quattro quando suoniamo insieme cerchiamo di arrivare a quel tipo di sound. Ma pensando più avanti magari poi non ci sarà più quel tipo di canzone e quel tipo di arrangiamento.

Ci piacciono molto i “classiconi”, gli Ocean Colour Scene, le ballate lennoniane… Se dobbiamo fare il classicone facciamolo come si deve e come lo abbiamo ascoltato, ovviamente tenendo conto che è il 2019.

C’è un momento giusto per i gruppi? E quanto vi ha aiutato la rivoluzione indie che c’è stata negli ultimi anni?

In realtà i gruppi in Italia sono un po’ “magri”. Noi siamo nati nell’era pre-internet, che sembra un milione di anni fa ma in realtà sono otto anni fa. E stare insieme ci ha aiutato molto anche a superare cose brutte. Abbiamo talmente spinto che dopo è uscito un primo disco che in quel momento “aspettava” questo tipo di cose. Siamo stati fortunati a trovarci lì ma anche bravi a farci trovare pronti.

Esiste una scena indie?

Li conosciamo tutti perché ci siamo incontrati per palchi, premi, cose, serate. C’è unione ma ognuno si fa i cazzi suoi. C’è stima, a volte le collaborazioni diventano canzoni fatte insieme, anche se a noi non è ancora successo perché queste cose nascono naturalmente.

C’è un’influenza reciproca ma silenziosa. Indiretta. Anzi indie-retta. Penso che ognuno stia a guardare quello che fanno gli altri. Alza il livello essere in tanti a parlare allo stesso pubblico. Diventa anche uno sprone, ti fa capire dove si sta andando e dove va ognuno con la sua carriera. Non ci sono dissing, purtroppo…

TRAKS: Tranne “La vecchia che balla” che citate all’inizio di “Ho capito che non eravamo”, quello è chiaramente un vostro dissing con Lo Stato Sociale…

Infatti eravamo un po’ preoccupati. Perché questa canzone risale a prima dell’uscita della canzone dello Stato Sociale…

TRAKS: Quindi loro hanno un dissing con voi

E ma non potevano saperlo…

TRAKS: Quindi loro hanno un dissing con voi senza saperlo

Esatto. Quando è uscita la canzone dello Stato Sociale ci siamo chiesti: “Cazzo ma dobbiamo cambiare il verso?” Poi ci siamo detti di no. In sostanza sono arrivati prima.

TRAKS: Ma era un riferimento al video dei Coldplay?

No, il nostro no. Il loro penso di sì.

TRAKS: “Goodbye Goodbye” nasce dopo una visita ad Abbey Road: ci raccontate com’è andata la “gita”?

Quando è finito il tour, prima di registrare il disco, ci siamo regalati un viaggio a Londra che per noi da sempre rappresenta quello che abbiamo sempre ascoltato. Pensavamo di andare a prendere una boccata d’ossigeno prima di chiuderci in studio e invece io (Matteo) sono rimasto deluso, mentre a loro è piaciuto molto, perché non ho trovato nessuna radice culturale inglese. E’ tutto molto globalizzato, potevi anche essere in America.

L’unica cosa positiva è stata la possibilità di entrare negli studi di Abbey Road, che per noi è una specie di museo. Una cattedrale, anzi. Abbiamo toccato il pianoforte di Lennon, le cuffie, i mixer. Quando siamo andati dove mangiavano c’erano le foto dei Beatles in coda con i vassoi alla mensa. Questo tipo di cose ti fa dire che queste sono persone che erano qua a fare lo stesso che facciamo noi, ed è bellissimo. Infatti abbiamo detto all’etichetta che il prossimo lo facciamo lì…

La sera stessa che siamo tornati a casa, per assurdo ci ha regalato il brano. Anche dalle esperienze negative, così come può succedere con un rapporto sentimentale, è successo anche con il rapporto sentimentale con una città.

TRAKS: Avete chiuso da non molto il tour vecchio e siete già in partenza per il tour nuovo: come vivete la dimensione live? Siete tra quelli che vivrebbero sempre in tour o tra quelli che non sopportano questo tipo di vita?

Il tour è finito a gennaio 2018 ma era una reprise del tour precedente. Poi finito il tour mi ero ripromesso (Matteo) di non toccare strumento per mesi, non rompetemi i coglioni, e poi sono andato io a rompere i coglioni agli altri. Nelle tre settimane dopo il tour ho scritto tutte le canzoni del disco, comprese anche quelle che sono state bocciate.

Quindi ci siamo messi a ragionare, poi i tempi della discografia sono sempre molto lunghi. Quindi poi cominci il tour con un anno di differenza. L’esperienza tour ad alcuni piace, ad alcuni no, è bella e formativa. Ora è un tour molto comodo. Nel senso che non guida lui per esempio (indica Gabriele), che ha fatto cento date… E ora c’è qualcuno che pensa a noi, nel senso che dopo il concerto non devi andare a smontare il palco.

Però i tour che abbiamo fatto, folli, con cento date e con un furgone che era tale solo perché così lo chiamavamo, ma in realtà era una macchina molto grande, del ’97, ti permette di essere preparato dopo. Conosci qualsiasi cosa possa succedere sul palco.

Si chiude il discorso uscendo nel sole di un febbraio milanese che sembra aprile e si chiacchiera di Sanremo (“Era l’anno giusto per andare! Ci andremo quando avremo la canzone migliore possibile… Ma pensa se poi hai la canzone e non lo fanno più?”).

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