Carlotta Sillano, “Nella natura vuota dei simboli appassiti”: recensione e streaming
Nella natura vuota dei simboli appassiti è il nuovo album di Carlotta Sillano, in uscita per Incipit records/Egea, e prodotto da Taketo Gohara (già produttore di Vinicio Capossela, Mauro Pagani, Elisa, Verdena e molti altri), il primo in italiano.
L’artista vercellese ha all’attivo tre dischi in lingua inglese sotto il moniker Carlot-ta, dove sperimentazione musicale e una poetica colta si intrecciano creando canzoni dall’anima pop, capaci di stupire e raccontare grandi poeti del passato, luoghi sacri e profani. Il suo debut album ha ottenuto il Premio Ciampi per il miglior album d’esordio ed è stato nominato nella cinquina delle Targhe Tenco come miglior opera prima.
Nella natura vuota dei simboli appassiti è un’opera intensa e ricercata composta da 10 brani che esplorano temi sulla natura, la conoscenza e la memoria. Attraverso un raffinato chamber pop, che fonde eleganza e oscurità, l’album si muove tra sonorità folk ed elettroniche: pianoforti, tastiere, synth, archi, organi e percussioni si intrecciano a liriche complesse ma dirette, dipingendo un immaginario vivido e fuori dal tempo che evoca scenari che spaziano tra luoghi naturali, simbolici e privati.
I brani sono ambientati in spazi ampi e affascinanti, come montagne sacre, laghi artificiali e giardini rinascimentali, ma anche in universi simbolici ricchi di monumenti, icone e wunderkammer. Al centro di tutto si trovano anche elementi personali e intimi, legati agli oggetti, alla memoria e al pensiero.
Quest’album è un repertorio personale di simboli, luoghi, miti, vocaboli. Non si tratta di rifugiarsi nella fantasia, ma di raccontare un livello poco distante dalla realtà. Sono ricordi di passati mai vissuti o illusioni che nascono da immagini e oggetti incontrati o che stanno nell’immaginazione di qualcun altro e di cui mi approprio, trasformandoli. C’è poi il tema del ricordo, della volontà di conservarlo oltretempo o di cancellarlo, un argomento collettivo che mi interessa molto, soprattutto quando questa necessità di ricordare si trasforma in oggetto, collezione, museo, monumento e diventa ingombrante o affascinante, commovente o divisiva
L’album verrà presentato dal vivo in tre appuntamenti live:
30 novembre – Vercelli – Teatro Civico
12 dicembre – Torino – Spazio211
13 dicembre – Milano – Detune
Carlotta Sillano traccia per traccia
I primi paesaggi dell’album si delineano a partire da Moderata Fonte, che cresce gradualmente decorandosi via via di suoni inquieti e battiti sempre più intensi. Un tocco di barocco colora un testo fitto di simbolismi.
Lineare A, con riferimento al mai decifrato sistema di scrittura cretese, fiorisce altrettanto di simboli e di avventure sonore che risuonano di antichità e profondità. La malinconia e i ricordi, fossili e no, entrano a popolare la Wunderkammer, stanza dei segreti che qui sembra popolata soprattutto di tristezze.
Luci bizantine e di lamiere illuminano Archeologie, che mescola le scoperte e le ricerche storiche con quelle personali e più intime, con un passo cadenzato che mette in rilievo con cura gli spigoli del vivere. C’è aria di filastrocca triste in Monumento, con gli archi che si sollevano da una melodia che ha riflessi molto oscuri.
Sempre movimenti morbidi quelli che accolgono nelle prime battute di Arco-gravità, anche se poi i battiti si fanno più frequenti e il brano accelera, parlando di spazio-tempo e di paesaggi (fanta)scientifici.
Si scatena poi la Furia iconoclasta, sulle note di un pianoforte particolarmente baldanzoso. La distruzione delle opere d’arte è al centro di un brano corroborato da ritmi molto intensi.
Rallenta La canzone dell’oblio, che si fa solenne ed enfatica, ma anche profondamente malinconica, a celebrare la “Signora della Dimenticanza”, in un percorso che arriva a definire la memoria “un atto d’amore”.
C’è un Memento Mori che si nasconde (o si mostra) nelle immagini di Vanitas, descrittiva e quasi pittorica. La seconda parte del brano racconta invece i riti di passaggio della stagione quinta, con un’aura di mistero che si alza, danzando.
Si chiude cercando Un desiderio nuovo, attraverso ritmi nuovamente controllati. Si parla di Pitagora e di inganni, si cita Shakespeare e si scatenano i cani del re, in una caccia che ha esiti molto sfumati.
Un salto necessario e una direzione almeno in parte nuova, per Carlotta Sillano, che aveva fatto cose notevoli con il moniker precedente e cantando in inglese. Ma qui si percepisce un’aria nuova e più chiara, forse più centrata e autentica.
Ricercata nei suoni e nelle parole, Carlotta segue una linea coerente e senza compromessi. Un pop dai suoni raffinati e con aspirazioni internazionali, ma con testi letterariamente “alti” e fitti di riferimenti colti, per dimostrare che non è proprio e sempre necessario abbassarsi ai livelli infimi per scrivere musica oggi. Un lavoro intenso e intelligente.