Carmine Tundo, “Nocturnae Larvae Volume Uno”: la recensione

E poi dicono che il latino è fuori moda: si chiama Nocturnae Larvae Volume Uno ed esce oggi il nuovo disco di Carmine Tundo, forte di numerose esperienze tra cui quelle con La Municipàl e i Nu-Shu.

Si tratta di un concept album “basato sui fantasmi notturni che abitano le mie insonnie, tra allucinazioni ipnagogiche e parasonnia, più che una raccolta di canzoni è una raccolta dei miei incubi in veste elettronica”, dice lo stesso Carmine.

L’album, scritto e prodotto da Carmine Tundo e pubblicato da Discographia Clandestina contiene 13 tracce, collegate tra loro in un susseguirsi di campionamenti di rumori e reverse che raccontano l’atmosfera onirica di cui è immerso il disco. Le liriche sono invece costruite a partire dal suono.

Continua Tundo: “E’ un lavoro quasi opposto al resto dei miei progetti, racconta la mia parte più intima e oscura, l’incontro con il proprio io distorto, con la propria parte femminile e le varie personalità che animano le mie notti insonni. E’ il primo volume di una trilogia”.

“Inizialmente l’album era in inglese ma poi come sfida personale ho deciso di sperimentare con la lingua italiana partendo dal suono delle parole più che dal significato stesso e arrivando alla stesura di una filastrocca macabra divisa in 13 tracce. Non è un album che ha degli scopi ben precisi, non sarà seguito da un tour per scelta, è stato un modo terapeutico per buttare fuori pezzi del passato ed esorcizzare alcune paure profonde, quella più importante la paura di se stesso”.

Carmine Tundo traccia per traccia

Si parte dalla stratificazione di più livelli diversi di suono, in una Primae Larvae che agita i fantasmi primari di una scena che affolla oggetti elettronici e analogici in serie, apparentemente senza un ordine preciso e con effetti quasi noise.

Lychaon ha criteri più evidenti, ma il background sonoro è altrettanto ossessionato, con una ritmica robusta e pensieri spezzati che emergono. A proposito di ossessioni: Come i Maya viaggia sui contrasti pieno/vuoto e sulle ripetizioni a loop.

Più breve Gemelli, che gioca su piani d’inquietudine, con musiche insinuanti che arrivano da lontano, tipo flauti orientali, a confliggere con altri guizzi sguscianti in primo piano.

Un pianoforte percussivo caratterizza le prime parti di Esili, mentre poi il martellamento, questo sì noise, si amplia, accentuando i momenti rumoristici e invece gli attimi in cui il vuoto sonoro serve ad accentuare l’enfasi sulla voce.

L’intermezzo Venti secondi di io mantiene ciò che il titolo promette, prima di introdurre Odnut Enimrac, con recitati in francese, colpi d’orchestra, ritmi hardcore, inserzioni di vario tipo. Ancora una volta a colpire è l’alternanza totale tra calma e follia.

A volte tu nella mia testa parte da sensazioni liminali e regala qualche attimo di melodia, perfino di suggestione, prima che anche in questo caso vincano i fantasmi (loro vincono sempre).

Si procede con Formiken, che indossa abiti da cantautore, pur senza indugiare troppo su parametri di normalità. Altro intermezzo a crescere Noha, mentre King of Trap è un gioco di parole (dovuto a un sample dal celebre discorso di Trapattoni contro Strunz e compagni quando era al Bayern): dalla prima parte melodica si passa a un finale serratissimo, anche e soprattutto all’uso mitragliato del suddetto sample.

Si recupera una calma acustica con Le nostre guerre perdute, prima che La neve del Diciassette operi una distinzione di tipo elettronico, isolando una voce che ha caratteri di sofferenza.

Se si prende in considerazione tutta la carriera fin qui di Carmine Tundo e si considerano gli esordi, che riportano con sé parole come “Corrado Rustici”, “Caterina Caselli”, “Sanremo giovani”, un disco come questo sarebbe del tutto impronosticabile.

Ma il cantautore di Galatina è evidentemente uno di quei personaggi che non amano molto stare fermi a lungo nello stesso posto. E questo disco è tutt’altro che fermo: sperimentale, cattivo, coraggioso, forte e ricco di sensazioni potenti, lo si può ascrivere alla miglior produzione italiana di questo periodo, senza tema di smentita.

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