Cartabianca, “Finalmente”: la recensione

I fratelli Ciapica si sono messi in proprio nel 2010, decidendo che si sarebbero fatti conoscere come Cartabianca. Frutto della sempre vivace scena genovese, il duo arriva al primo disco, Finalmente, che sulla base della canzone d’autore costruisce, spesso con ironia, nove tracce ben cesellate.

Cartabianca traccia per traccia

Il disco si apre con Cazzate anni Settanta, che rimane sospesa tra nostalgia e un po’ di rabbia. L’onirica L’altra storia invece apre piano, ma poi accoglie iniezioni di blues che rende il brano elettrico e piuttosto agitato.

Più cadenzata Domenica (cinismi da spiaggia), la cui ironia amara è stata scelta anche come singolo. Principe rosa è una ballata che si consente qualche libertà anche con le fiabe (“la fatina buona del cazzo si è stancata è andata in pensione ci ha mandato tutti affanculo”).

Ecco poi Stramalodio, altro singolo e altra canzone amara, che usa le armonie vocali e i giochi di parole, in un brano di contrasti, chiuso dal coro e dalle risate dell’Unione Giovani Artisti di Genova.

Faccia di (s)bronzo è un blues molto elettrico e un po’ avvinazzato, che sembra muoversi di notte per i vicoli della città. Ecco poi la dolce Melina, ballata acustica che presto si fa ritmata.

Si parla di relazioni interpersonali anche in Tetti, che però ha tutt’altri ritmi e tendenze (e un papparapapparai che può far pensare al Fortis dei tempi belli). Il disco si chiude con La moka, canzone acustica, morbida e un po’ amara, degna conclusione dell’album.

Gli ambienti descritti dai Cartabianca sono spesso molto vicini e familiari, si possono toccare con mano e sono accompagnati da sonorità conseguenti. La capacità di scrittura del duo è già matura e significativa. Il disco è composto di canzoni semplici, ma è di quel tipo di semplicità che ha sicuramente richiesto molto buon lavoro per essere raggiunta.

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