C+C=Maxigross, “Deserto”: recensione e streaming
Deserto è il nuovo album dei C+C=Maxigross, prodotto da Miles Cooper Seaton (Akron/Family), registrato da Marco Giudici (Any Other, halfalib) e masterizzato da Doug Henderson (Antony and the Johnsons, Swans).
L’album, il primo lp in italiano, a quattro anni dall’ultimo album in inglese Fluttarn (Trovarobato, novembre 2015) che li ha portati in giro per l’Europa e nella line up ufficiale del Primavera Sound 2016 (come prima band italiana), arriva alla fine di un percorso tortuoso, un labirinto musicale ed esistenziale alla risoluzione del quale il collettivo veronese ha lavorato negli ultimi due anni, e del quale questo disco è indizio essenziale, ma non unico.
Dopo l’ep Nuova Speranza (dicembre 2017) composto da tre brani con cui il quartetto aveva già sperimentato la lingua italiana, il collettivo veronese è partito per un lungo tour chiamato Deserto Per Verona, un’esplorazione di Verona, loro città natale, una “missione” musicale in lungo e in largo per realtà piccole e grandi, concerti totalmente in acustico e altri amplificati, per riappropriarsi, in un tempo di comunicazioni a distanza e di virtualità, del rapporto di prossimità.
Una serie di concerti (arrivati a 31) lontani dalle logiche di mercato, dai maxi eventi, dalla crescita a tutti i costi, ma che ha saldato la band al territorio e che culminerà in una nuova serie di concerti con filosofia simile che sarà un vero e proprio Deserto per il Veneto.
C+C=Maxigross traccia per traccia
L’ingresso nel disco è discreto, intimo e sfumato, con Deserere, verbo latino che significa “abbandonare”, che è ovviamente alle radici della parola Deserto, ma che ha qualche parentela anche con “desiderio”. E le atmosfere suggestive del brano trasmettono esattamente questo tipo di sensazione.
Sirene lontane e tamburi per Parto dal mar, pezzo tribale in cui le voci si incrociano, si sovrappongono, cercano una salvezza, approdano a un coro.
Movimenti armonici e sempre piuttosto afro quelli che propone anche Radici, canzone a loop e a espansione, con ritmi alti e voci infantili allegre nel finale.
Labirinto contiene un recitato poi circondato e quasi sormontato da un albeggiare orchestrale. La si può interpretare anche come una grande introduzione a Bufera, che a dispetto del titolo è pezzo tranquillo ma con tratti speziati.
Pacifica e con un incedere pesante Armin, fino all’allungamento finale dei suoni, che lasciano entrare piccoli suoni e rumori fino ad affollare la scena.
Strumenti a corda e nuvole di suono per Dottore, ondeggiante e un po’ ammiccante; una richiesta d’aiuto mite ma non per questo meno determinata.
Un movimento continuo e costante, sempre avanti, condiziona Ritrovarsi, che parla anche di corse in mezzo agli alberi, con modi gentili e un cantato quasi pop.
Circa un minuto di follia, sonora e testuale e urlata, per Tega, che poi lascia spazio a Elementi, che riporta la calm, più o meno. Anche perché bisogna stare attenti al cane, come le voci femminili nel finale ci ricordano parecchie volte.
Ultimo brano del disco è Gioia, sorretta da un lavoro fitto del basso, con piccoli sogni sonori che si accendono e si spengono brevi e fugaci.
Complesso nei concetti ma spesso semplice nei suoni, il nuovo disco dei C+C=Maxigross si riveste di idee morbide ma forti. Il collettivo veronese sembra aver raggiunto una capacità progettuale di alto livello, ma con questo disco dimostra anche di saper mettere in pratica perfettamente le intuizioni, in modo fruibile, piacevole, perfino corroborante.