Colapesce e Dimartino, “I Mortali”: recensione e streaming
Annunciato, atteso, rinviato, uscito a puntate, alla fine eccolo qua: I Mortali è il disco che mette uno accanto all’altro Colapesce e Dimartino, con qualche occasionale ospite di prestigio.
Si era un po’ persa l’abitudine, ammesso che fosse un’abitudine, degli incontri fra cantautori all’interno di un disco intero. Una tradizione così nobile che fa pensare automaticamente a Dalla-De Gregori.
La coppia Urciullo-Dimartino non è a quel livello (quasi nessuno lo è) ma i due si collocano senza dubbio fra i nomi migliori dell’ultima generazione di cantautori, anche a livello di innovazione e coraggio.
Oddio, Dimartino una cosa del genere l’aveva già fatta, e pochi anni fa: un disco insieme a Fabrizio Cammarata sulle canzoni di Chavela Vargas (Un mondo raro) ma era decisamente un disco “a progetto” e di taglio differente.
Qui siamo di fronte a un incontro confronto fra due percorsi non necessariamente identici ma che si completano molto bene.
Colapesce e Dimartino traccia per traccia
“Ora lasciami solo/come un cantautore”: sembra un brano di profonda tristezza Il prossimo semestre, pianoforte e tutto, in apertura di disco. Ma in realtà la concentrazione richiesta dai due in coro è per mettere in piedi una canzone per ottenere un contratto. Elencando a mo’ di dialogo una serie di luoghi comuni sulla canzone d’autore del 2020, compresa la “produzione fresca” e gli strumentali che annoiano.
Una delle cose richieste dal brano precedente è una canzone d’amore, ed eccola qua: Rosa e Olindo non è proprio la più classica delle love story, ma i due ergastolani si trovano al centro di pensieri melodici e malinconici come una coppietta al primo appuntamento.
Ha i quarti della hit estiva Luna araba, come la precedente già diffusa anche grazie alla partecipazione di Carmen Consoli, in un trio di Trinacria (dai, questa non l’ha ancora detta nessuno).
“Paese che vai/stronzi che trovi” è un ritornello efficace, oltre che verità universale: Cicale si fa notare per questo, per l’atmosfera generale, per una chitarra abbastanza muscolare, oltre che per il coraggio di usare questo titolo, nella memoria di più generazioni consacrato a Heather Parisi. “Solo i peggiori sopravvivono alle estinzioni”.
Fluida e fischiettante, ecco Parole d’acqua, pezzo di transizione ma senza scendere di livello.
Un po’ di malinconia, però bonaria, si schiude piano piano in Raramente, fra qualche vocalizzo e con una cadenza regolare. Qualche riverbero sa d’antico (cioè di anni ’60-’70), parlando di maree e di pietà.
Già nota anche L’ultimo giorno, passo baldanzoso e una serie di ipotesi che vanno dall’apocalisse all’ultimo giorno di scuola, ma con al centro sempre un rapporto, che è poi quello che dà senso a qualunque inizio e a qualunque fine.
Noia mortale si veste con i synth e picchia abbastanza a livello di ritmica, confermando le tonalità pop del disco, tra scopate per nascondere un dolore e l’affidarsi a credenze come quella della resurrezione. Un’anti-canzone d’amore, in un certo senso.
Si scivola via sull’elettronica, anche con la produzione di Mace, con Adolescenza nera, che ha un inizio suggestivo e graduale, poi quasi spiritual nei modi e nei cori.
Molto allusiva e acustica la finale Majorana, che tecnicamente si basa su episodi adolescenziali con riferimento all’omonimo istituto scolastico, ma che appoggia il testo su svariate “scomparse”, come quella del fisico sparito nel 1938.
Scelgono il taglio del pop e spesso dell’ironia Colapesce e Dimartino per collocare gli episodi de I Mortali, ottenendo un disco che ha davvero “una produzione fresca”, che parla sì d’amore ma anche di tante altre cose, e che scivola via in maniera leggera. Anche quando evoca personaggi terribili, fatti tristi, realtà non necessariamente allegre.
Sarà bello e sicuramente vedere dal vivo, quando si potrà, i due personaggi uno accanto all’altro su un palco, impegnati a sembrare impegnati senza esserlo, a cercare gli ascoltatori di una volta, anche se sono stanchi.
Genere: cantautori
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