“Oggi è una giornata particolare per me. È uscito un disco a cui ho lavorato tanto negli ultimi tre anni. Lo so, è uscito in un momento angosciante e delicato, ma non potevo fermarmi: il fiume continua a scorrere e la musica va avanti e, mai come adesso, può essere anche molto preziosa”.
Giovanni Imparato, in arte Colombre, scriveva così sui social venerdì scorso per presentare Corallo, il suo nuovo disco. Che ha scelto di pubblicare nonostante l’emergenza. E si direbbe che ha fatto bene.
Colombre traccia per traccia
Quasi suadente il Colombre che incontriamo in Corallo, canzone d’apertura e title track del disco, fra una citazione di Leonard Cohen e momenti di intensità sonora, ma con un contrappeso vocale rilassato e quasi sognante.
Si prosegue con il singolo Non ti prendo la mano, che oltre a essere già noto riporta un’aura di diniego che i fan del cantautore già conoscono. Ma anche qui i suoni sono per lo più gentili e dreamy.
Un po’ di sensazioni psych si manifestano in Terrore, che nonostante il titolo non spaventa nessuno, ma parla di paure intime che si tengono nascoste. Sfumature di senso che si riverberano su un’aria malinconica ma non cupa. “Per quanto vorrai ancora nascondere tutto l’amore che hai?”
Il carattere dolce e un po’ vintage si conferma con Crudele, ritratto di un litigio casalingo che però ha risvolti di speranza. Ricordi beatlesiani e citazioni da Rino Gaetano sono gli aspetti che saltano subito all’occhio in Per un secondo, che presenta un obiettivo polemico, tra coretti e problemi di assunzione di responsabilità.
Momenti di malinconia, ma di nuovo cori e suoni che fanno pensare vintage, all’interno di Mille e una notte, che ha un passo quasi morriconiano.
Rimane su ondate melodiche e molto cupe Arcobaleno, in realtà una delle meno colorate del disco, con gli archi a sorreggere sia la parte di malumore, sia lo scioglimento del dramma, che arriva e fa pensare anche a certe produzioni trip hop anni Novanta (Morcheeba, da quelle parti lì).
Si chiude con quello che una volta si chiamava “un lento”: Anche tu cambierai è una canzone che potrebbe cantare Diodato o Damon Albarn o anche Bobby Solo negli anni Sessanta, con quell’alone di spiritual, con il moog e la chitarra che arpeggia in disparte. Un inno al cambiamento che dimostra in pieno la versatilità del cantautore.
Ce lo ricordavamo più arrabbiato, Colombre. Ma non si può rimanere arrabbiati per sempre, quindi fa un passo avanti, imbraccia il proprio talento, scrive canzoni intense e intelligenti, qui e là continua a disprezzare, ma con il sorriso.
Ne esce un disco che lo mette ancora in maggior rilievo nel novero dell’ultima scuola dei cantautori pronti a fare il salto ulteriore e a presentarsi in prima fila. C’è l’abilità, la qualità di scrittura, la capacità di costruire abiti sonori adeguati a canzoni con testi significativi.