“La strada è solo una riga di matita che trucca gli occhi alla pianura”: la strada che i Coma_Cose hanno fatto per arrivare fino a Genova, a proseguire la stagione del Goa-Boa Festival, in realtà è stata sicuramente più tortuosa di così, sia geograficamente sia per via di metafora. Ma ora Francesca e Fausto sono diventati a tutti gli effetti due popstar, tra l’altro con un altissimo chilometraggio, costruito negli ultimi anni attraverso tanti live, a partire dai posti più sperduti della Penisola per arrivare a Sanremo e oltre. “Vengo dal niente/voglio tutto”: lo avevano detto fin dal principio.

La serata è aperta dalle atmosfere soffuse della genovese Charlie Risso, vestita di blu e affiancata da una band esperta, che ammorbidisce un po’ la piazza, già abbastanza frizzantina, per mezzo di canzoni provenienti principalmente dall’ultimo disco, targato 2020, Tornado: una tempesta in realtà piuttosto calma ed elegante, con influenze internazionali sfumate ma palpabili. Charlie imbraccia ora il tamburello ora la chitarra, ma pezzi come Dark, che apre la serata, Hollow Town oppure Nothing at all si giovano soprattutto della sua voce, il cui timbro ricorda molto quello della compianta Dolores O’ Riordan. Un’ottima performance, nonostante qualche disturbo di feedback di troppo, gestito in modo composto.

Mentre le navi da crociera passano dietro il palco, si cambia scenario preparando il terreno per i due ragazzi di provenienza milanese, anche con l’aiuto di un simpatico cagnolone nero che scodinzola felice sul palco. Così come felice è il pubblico, giovane, entusiasta e numeroso, quando Fausto Lama, cappellino d’ordinanza e camicione maculato, arriva a cantare delle Mille tempeste della vita, subito seguito da una California che, abito nero con fiori e riga di matita un po’ egiziana sugli occhi, vince la gara per l’applauso più scrosciante. Alle spalle dei due, quattro musicisti “veri” a supportare un set che pescherà da vari generi ma sempre con basi sonore suonate e robuste.

Ma se la prima canzone arriva dall’ultimo lavoro, Nostralgia, si salta subito al passato, incontrando la stessa approvazione del pubblico: prima i calamari freschi di Deserto, poi le sigarette e gli accendini di Jugoslavia. I pezzi “storici” (si parla del 2017, non di vent’anni fa, ma questa è una storia giovane per definizione) sparati subito sia per ricordare le radici, sia per togliere quell’aria superpop che il duo si è sentito incollato addosso dall’Ariston in qua.

Manca una capatina nell’unico “vero” lp firmato dal duo, Hype Aura (per quanto significativo, con le sue sei canzoni e mezzo Nostralgia è una sorta di ep allungato): ed ecco qui Via Gola, con le sue atmosfere milanesi miste. Ma poi si va nel bosco con la Canzone dei lupi, che in conferenza stampa i due hanno ammesso di ritenere il loro pezzo migliore tra quelli tratti dall’ultimo lavoro, e forse non solo, con il suo senso di appartenenza e le sue dichiarazioni di integrità. La ballata si solleva piano, ma il ritmo della serata è molto serrato: la scaletta sembra congegnata come uno dei loro testi, scoppiettante e senza pause.

Infatti siamo già a uno dei classici della band: Anima Lattina, con il suo carico di malinconia e di ricordi. “Inventarsi una bugia per rimanere soli”: difficile in mezzo a tutta questa gente che canta, balla, mostra cartelli, mantiene distanze che sono soltanto fisiche ma certo non ideali. “Con una lattina come calice”, anche se qui lattine non ne entrano, solo i bicchieri di plastica del festival.

Coma_Cose: arrivano le fiamme

A proposito di instant classic: siamo a Mancarsi, con i suoi balzi tra passato e futuro. “E fammi fare i soldi come i rapper che poi dividiamo”. Si parla poi di Discoteche abbandonate, introdotta brevemente da Fausto: non parlano moltissimo i due, molto più concentrati a dare ritmo e velocità alla serata.

Peraltro, a cambiare completamente il clima, c’è La rabbia, singolo uscito come lato B di Guerre fredde ma particolarmente aggressivo e capace di mostrare, ancora, l’altro lato della loro scrittura. Non sempre e non esattamente “i nuovi Albano e Romina”, insomma. E infatti, ecco subito anche Cannibalismo, con la sua rapidità e con il suo simpatico refrain “chi s’accoltella gode”.

Un po’ più di leggerezza, più o meno, arriva con i Beach Boys distorti e i loro giochi. Ecco proprio Guerre fredde, a proclamare che “La tua solitudine è perfetta così” (ma loro la cantano seduti sul palco, schiena contro schiena e non sembrano proprio l’emblema della solitudine, semmai il contrario). Fausto imbraccia la chitarra per celebrare il Novantasei, anno di nascita del sonno di Francesca, a giudicare dal testo. Anche “La Suprema”, enorme nave da crociera, pare fermarsi alle spalle del due per ascoltare la canzone.

Del resto il momento è topico: eccola qua Fiamme negli occhi, canzone da 22 milioni di ascolti e rotti su Spotify, anche grazie al passaggio sanremese con romanticismo annesso. Tutti a cantarla a squarciagola: “anche se qui c’è troppa gente, io me ne fotto degli altri e te lo dico ugualmente”. E se lo dicono in faccia, che hanno le fiamme negli occhi.

Tempo di uno stacco che si celebra con tutti che escono dal palco tranne il batterista, impegnato in un assolo su temi da Alan Parsons Project. Quando la band rientra c’è da cantare il ventolone della Pam che gira: insomma è tempo di Pakistan. Fausto questa volta è seduto al piano, anche se per niente defilato, anzi al centro della scena. E subito dopo c’è un’altra vetta del lato più dolce dei Coma_Cose, cioè Nudo integrale.

Il momento intimo del live si prolunga con California che racconta di come Nostralgia sia in sostanza un disco sul diventare adulti e su come le piaccia fare la spesa: ecco le immagini del quotidiano allucinato di Zombie al Carrefour. Le rivoluzioni di A lametta fanno cantare tutti di nuovo: non che qualcuno abbia mai smesso, peraltro.

Si parla di ponti, che a Genova sono sempre un argomento delicato, per spiegare che sono fatti per buttarsi, mica per metterci i lucchetti, in Granata, che ci accompagna verso il finale. Post concerto preannuncia quello che sarà tra poco, con le luci che si accendono e la musica di intrattenimento che partirà, ma non ancora: prima ci si può godere ancora per un po’ l’interazione ormai perfetta tra i due, i nonsense e i giochi di parole, il divertimento regalato a piene mani.

Il pubblico è stato partecipe, entusiasta e coinvolto sempre, e si merita qualche bis ulteriore: così prima ci si tuffa a caccia di Squali, e poi si conclude con una versione acustica di Fiamme negli occhi, con soltanto i due sul palco e tutti a cantare in coro.

Un concerto si può definire “di successo” forse anche soltanto contando i sorrisi della gente che esce dopo la serata. Ed è onestamente difficile non uscire sorridendo da un live dei Coma_Cose: leggeri, divertenti, a volte anche aggressivi, comunque capaci di trasmettere sempre una sintonia costante e non comune, hanno vinto agilmente anche questa sera.

Testo di Fabio Alcini, foto di Chiara Orsetti

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