Comrad: un’emotività fragile
Il quintetto rock pugliese Comrad ha di recente effettuato il proprio esordio con Nati stelle, breve ma significativo album dalle caratteristiche punk ed emo. Abbiamo rivolto loro qualche domanda.
Nati stelle è il vostro primo album. Qual è stata l’ispirazione principale dietro questo lavoro?
Principalmente la testardaggine. Crediamo profondamente di poter essere la migliore versione di noi stessi nella nostra terra nonostante le difficoltà geografiche.
Capovolgere lo spazio apparentemente statico di questo luogo e unire un’emotività fragile che abbiamo noi cinque con la forza di un suono compatto e veloce che smuove noi prima di tutto.
Come descrivereste l’evoluzione del vostro suono dai vostri primi lavori fino a Nati stelle?
In questo disco abbiamo cercato di valorizzare le caratteristiche di ognuno di noi. Il secondo ep Placenta era il primo lavoro di questa formazione e con i concerti, le prove gli scambi di opinioni siamo arrivati anche grazie al super lavoro di Marco, nostro batterista e producer del “death star studio” a far uscire il suono che desideravamo. Croccante.
Quali sono state le sfide più grandi durante la registrazione e produzione dell’album presso il Death Star Studio?
La sfida più grande è stata trovare il tempo perché tutti noi abbiamo delle vite piuttosto piene di cose che la necessità ci spinge a dover fare, come il lavoro. Ma è stata una difficoltà superata senza pensieri perché il piacere di veder venire alla luce questo disco superava di gran lunga il sacrificio da compiere. In studio è filato tutto liscio senza intoppi, eravamo sicuri l’uno del lavoro dell’altro e abbiamo una forte visione comune.
In che modo la vostra terra d’origine, il sud Italia, ha influenzato la vostra musica e i testi di Nati stelle?
Abitare qui e sfidare ogni giorno gli stereotipi che non solo ci vengono dati ma di cui a volte ci sentiamo anche portatatori per forza di cose è la scintilla principale.
Mettere il 200% del nostro impegno è inconsciamente un dimostrare al mondo e a noi stessi che la difficoltà rende un progetto artistico pregno di contenuto, ci mancano tante cose ma proprio per questo abbiamo la possibilità di costruirle a modo nostro, cercando di coinvolgere più anime possibili.
Dolcedorme è un brano molto intenso. Cosa vi ha spinto a scrivere questa canzone e qual è il suo significato più profondo?
(Giò) È nata il giorno dopo essere tornato da un trekking lungo e faticoso sul Dolcedorme, la montagna più alta del parco nazionale del Pollino e anche la più alta del sud Italia.
Pierpaolo mi ha passato una traccia fatta da lui qualche tempo prima che ha subito risuonato dentro di me. Stavo uscendo da un periodo pesante culminato con la morte prematura di mio padre (vorrei averti qui con me è dedicato a lui) e mi chiedevo quando avrei ricominciato a desiderare di vivere pienamente la mia esistenza senza abbattermi, senza sentirmi solo, senza aver paura di alzarmi e di essere felice.
Come è nata la collaborazione con gli Elephant Brain per la traccia “Lunedì di Settembre”?
Avevamo una metà canzone che ci piaceva molto e per una serie di casualità o forse no siamo entrati in contatto con gli Elephant Brain dei quali siamo anche fan. Abbiamo sentito che sarebbero stati perfetti per chiudere quel pezzo e lo abbiano proposto, loro con entusiasmo hanno accettato contribuendo a finirlo sia strumentalmente che liricamente. Una bella e vera collaborazione per la quale siamo grati.