Davide Solfrini, “Vèstiti male”: la recensione
A poco più di un anno di distanza da Luna Park, esce Vèstiti Male, il nuovo album del cantautore Davide Solfrini, disponibile sia in versione digitale sia in formato CD. Pochi brani, sei in tutto, che mantengono lo stile dei precedenti lavori dell’artista di Cattolica, in bilico tra il cantautorato, il pop e il rock, ma che non disdegnano il mondo dell’elettronica. In ognuna delle tracce si percorrono stati d’animo e sensazioni, mostrando senza vergogna esitazioni e perplessità e cercando conforto nell’introspezione e nell’estremo bisogno di umanità.
Davide Solfrini Traccia per traccia
Il disco parte con un brano energico e deciso, Portiere Notturno. Un testo amaro, che denuncia la condizione dell’attuale mercato del lavoro, accompagnato da chitarre intense e da una voce graffiante.
L’attacco di Cose Buone è contraddistinto da un’atmosfera rock anni ’80 che ricorda Michael Jackson; questo sapore retrò, abbinato all’uso dei synth, lo rende il pezzo musicalmente più coinvolgente, nonostante sia la presa di coscienza di un uomo insoddisfatto, durante la colazione al bar di una mattina presto, prima di andare al lavoro.
I toni si ammorbidiscono con Un giorno piove, pezzo decisamente più pop, accompagnato dagli archi durante i ritornelli, e che vede le chitarre classiche assolute protagoniste in più momenti. La title track Vèstiti male potrebbe sembrare allegra in apparenza, con il suo ritornello martellante, la sua armonica e le percussioni; ma la sensazione di amarezza pervade anche questa storia, perché, in fondo, nonostante la rabbia e le frustrazioni che gli accendono lo spirito, il protagonista rimane impotente, senza coraggio, “un farabutto in eterna pausa caffé“.
Alto mare è una boccata di aria rock, una ballad malinconica nei suoni e nelle parole, che scorre fluida e si lascia apprezzare soprattutto durante i suoi assoli di chitarra elettrica. Ultima traccia è Una volta ero un uomo diverso, in cui si ritorna alle sonorità pop, ai bilanci e agli esami di coscienza, con uno sguardo al passato e il desiderio di andare oltre.
Davide Solfrini in questo lavoro dimostra di non riuscire a rimanere nei vestiti di un unico genere; il suo stile è variegato, ma nello stesso tempo riconoscibile, valorizzato da arrangiamenti ben curati e da musicisti di indiscutibile talento.
Chiara Orsetti