De Grinpipol, “Elephants”: la recensione
Dopo 5 anni di silenzio De Grinpipol riappaiono sulla scena musicale con un nuovo album: Elephants. L’ album è stato prodotto da Fabio Demontis, giovane produttor e sardo con esperienze lavorative in Stati Uniti e Gran Bretagna; il mastering è stato eseguito da Daniele Salodini; i brani sono interamente scritti dai De Grinpiol.
Il disco, composto da nove brani, spazia dal rock psichedelico alle ballate, all’indie rock. Non mancano i brani più impegnati, ma la vera novità è rappresentata dal primo brano in italiano dei DGP, Quello che importa, ma non più di tanto; impegnato socialmente e con delle sonorità tra il rock psichedelico e il post rock.
De Grinpipol traccia per traccia
Il disco si apre con un’introduzione all’insegna di un folk “rumoroso”, non perché voce e chitarra acustica alzino troppo i toni, ma perché appoggiato sul chiacchiericcio casuale che si potrebbe trovare in un locale dopo suona un gruppo poco conosciuto: ecco Pal-o-matic.
Con Divine i discorsi si fanno più induriti, il brano si immerge in sonorità stoner, anche se sono palesi suggestioni anche più antiche e profilazioni psichedeliche, con un lavoro della voce molto 70s.
Con M_F si cambia decennio: le evoluzioni garrule del pezzo portano in territorio più vicino a quello cantato dai Pulp dei 90s, con qualche svolazzo aggiuntivo e un atteggiamento molto sbarazzino.
Atmosfere fluide e dreamy in A Wonder is About to Start, con la chitarra pronta a prendersi la scena nella seconda parte, ma senza togliere dal centro le evoluzioni e le esitazioni a effetto della voce.
Movimenti ritmici continui e libertà di svisata nella molto rumorosa e seguente Place to Forget. Ecco poi la scelta dell’italiano per il testo di Quello che importa, ma non più di tanto, con chitarra acida e atteggiamento sostanzialmente new wave.
Molto più urlata e sanguigna Something High, Something Low, un pezzo di power pop stavolta elettrico e senza troppe sovrastrutture. La breve Hooray, con un drumming molto sonoro, riporta il discorso su atmosfere più allegre e quasi festose. Si chiude con Sunrise, ancora con chitarra protagonista, finale fluido e forte per un album potente.
Ottimo lavoro per De Grinpipol, con un disco in altalena fra sonorità vintage e contemporanee, ma sempre e comunque in grado di trovare il bandolo della matassa.