Quarto disco per Denis Guerini, classe ’76, cremasco: Dissolvenze comprende sette pezzi di cantautorato “puro”, ancorché contaminato da sonorità non sempre tradizionali. Guerini arriva a “Dissolvenze” dopo 20 anni di generi, strumenti e sperimentazioni, dopo dodici anni dal primo lavoro da solista e tre anni dopo l’album “Vaghe supposizioni”. Dissolvenze è descritto come un’apertura a sonorità nuove e diverse, con umori che per lo più tendono al nero, ma con piccoli squarci di speranza disseminati tra le tracce.
Denis Guerini traccia per traccia
Alba rossa parte in modo sommesso e soffuso, allargandosi piano piano e acquistando pathos e tratti vampireschi con il procedere degli accordi. Che Guerini non stia lontano da un certo senso del dramma è evidente fin da subito. La partenza comunque è particolarmente degna di un cantautore, il resto del disco seguirà anche strade sonore diverse.
Occhi accesi segue già strade leggermente differenti, facendosi strada grazie alla chitarra. La terza traccia è Pioggia e Niente, in cui il nichilismo si traveste di fenomeni atmosferici, con il flusso continuo della chitarra che si affianca, oltre alla voce, a un’effettistica varia e sfumata. Cupa e claustrofobica Il fantasma della disco, sorta di incubo on the dancefloor che descrive la gioventù (?) danzereccia come una “massa” dedita a una sorta di cannibalismo rituale.
Un po’ più aperta La resa, incalzata da un flusso elettrico continuo, che talvolta emerge e si trasforma in assolo evocativo, pur rimanendo alle spalle della voce. Linda condivide il percorso della chitarra e anche il ritmo incalzante e un po’ ansiogeno, ma si fa apprezzare per la tessitura fine del sound. Sentimenti vagamente floydiani si spargono in Dissolvenze, la title track che chiude l’album.
Denis Guerini pubblica un disco notevole, dalle fattezze ben definite e che fornisce una sensazione di completezza. Un viaggio breve ma intenso in un mondo inquieto e a volte inquietante, che merita ascolti approfonditi.
