Di Chiara Orsetti

È il mio primo disco omonimo, si chiama semplicemente “Dente” ed esce il giorno del mio compleanno”.

Inizia così la presentazione del nuovo album di Giuseppe Peveri, detto DENTE, il settimo della sua carriera, una sorta di augurio celebrativo per ciò che ancora è da fare e per quanto finora è stato costruito.

Come lo stesso artista racconta, per la prima volta la chitarra acustica viene a mancare, lasciando spazio a nuove sonorità, nuove idee e nuove collaborazioni, non perdendo comunque la potenza comunicativa che da sempre caratterizza Dente e la sua musica.

Dente traccia per traccia

Ma io sono vivo solo se mi tocchi, solo quando ti guardo negli occhi

Sono io, con pregi e difetti, Anche se non voglio. Morbida e cristallina, la prima traccia (già singolo estratto) racconta di quanto possa essere complicato essere sé stessi nonostante ciò che siamo non è magari proprio quello che avremmo voluto. Le percussioni e i vibrati portano il sound verso lidi oltreoceano, rimanendo nel mood del pop ben fatto.

La mattina non conosce la notte, ma io le ho viste camminare vicino

Singolo dopo singolo, si arriva ad Adieu. Mantiene la leggerezza della traccia precedente, nonostante qui si debbano fare i conti con la nostalgia e col mondo infame che spesso ritorna nei testi dei nostri cantautori. Lunghe giornate, parole che fanno male e silenzi che fanno peggio, ritornello piacevolmente accattivante.

Quanto conta Dio e la fortuna? Quante volte sei stato sulla luna?

Chissà come sarò Tra 100 anni. Domanda lecita, ma come sempre la cortesia nella risposta è un lusso che in pochi possono vantare. Restano ancora gli interrogativi aperti, le possibilità ritmate che continuano a strizzare l’occhio alle percussioni e ai rumori di sottofondo, protagonisti insieme ai grandi quesiti irrisolti tirati in ballo da Dente.

Come i sabati pieni di birra e di filosofia

Cose dell’altro mondo lo diceva sempre mio nonno, riferendosi a tutto ciò che accadeva intorno a lui senza che riuscisse a spiegarselo. Qui c’è Anna che sta bene dove sta, c’è l’America, c’è la nebbia di Milano e i pensieri che si intrecciano, riflettendo su quanto è rimasto in piedi di un rapporto messo in discussione. È stato scelto come terzo e ultimo singolo estratto, forse il brano che meglio rappresenta l’essenza dell’intero album.

Sarà la musica a cambiare il mondo / l’hanno detto oggi alla tv / ma se non ce la fa pensaci tu

Sarà la musica è la mia canzone preferita. Ci sono le canzoni dell’estate che ci fanno dimenticare chi siamo veramente, ci sono i denti stretti contro le cose che ancora non comprendiamo, le fissazioni degli altri, i giovani talenti e le vecchie asperità con il nuovo che avanza. Il brano più cupo fino a qui, forse per questo che mi sembra quello più riuscito. Animo tristone nei secoli dei secoli. Amen.

Oggi che ora è / su di noi che tempo fa?

Dente spiega com’è essere Trasparente agli occhi della gente. Malinconia di un uomo che cammina e che si interroga lungo il tragitto verso chissà dove: spesso si dice che è importante non smettere di muoversi, anche quando sembra inutile, o troppo faticoso, proseguire. Pianoforte e ritmo ovattato, malinconia che prosegue e conquista spessore.

L’unico difetto che hai sono io

Mancava, in effetti, la canzone d’amore. L’ago della bussola pone rimedio, è la celebrazione della donna che ferma il mondo con un sorriso e mette in ombra le stelle… Insomma, una dichiarazione in piena regola che potrebbe risultare un po’ troppo zuccherosa per chi non presta molta attenzione alle romanticherie.

Sarebbe bello essere normali e stare bene, e invece…

Non te lo dico riporta un soffio di cinico disincanto nell’animo di chi troppi cuoricini non li regge. Però deve riuscire a reggere la paranoia. Tipo del ti amo ma non te lo dico, dei buoni propositi per tenersi in forma, di graffi della vita e di domande che si continuano a susseguire. Interessante e sicuramente necessaria per tenere in equilibrio la storia dell’album.

Uscire dalla porta di servizio è una possibilità

Salite, discese, Paura di niente se non di se stessi e di ciò che dice la gente. Un arrangiamento ineccepibile, dove gli strumenti si sovrappongono in una sorta di millefoglie musicale. Da ascoltare in cuffia, che rende meglio e aiuta a cogliere i dettagli.

I legami cambiano gli accenti, diventano pesanti, lasciami andare via

La mia vita precedente racconta di un quasi trentenne che andava a ballare con le scarpe sbagliate, di un quasi ventenne in piazza che girava in bicicletta, di una persona che crescendo ha bisogno di cambiare aria, per sciogliere lacci che sembrano nodi anziché legami.

Oggi cammino nel fango ma non lascio impronte

Il viaggio nel tempo prosegue con Non cambio mai, che coincide con la chiusura dell’album. Ci sarebbe il desiderio di cambiare, ma spesso è più forte quello che trattiene. Diventare adulti, invecchiare, non smettere di cercare risposte. E di provare ad accettare quel che non si può cambiare.

Dente ci ha regalato un album particolare, con suoni che spaziano dal pop spensierato al riverbero di percussioni e sinteticità varie, dove a farla da padrone restano gli interrogativi costanti. Su se stessi, sul mondo intorno, sui legami. Un bel ritorno, una piacevole riscoperta.

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