Dieci voci femminili che sicuramente non avete ancora ascoltato

Spesso relegate a playlist specifiche (e forse noi stessi con questo articolo non siamo da meno), spesso sottovalutate e virtuose, tra le quote rosa delle playlist Spotify, spesso semplicemente una questione di gusti: le voci femminili spesso ci piacciono di più, ci accolgono e graffiano in momenti difficili, ci rappresentano in altri, aggrediscono e appassionano. Abbiamo raccolto qui dieci voci al femminile che ci hanno conquistato quest’anno, e che speriamo possiate recuperare anche voi. 

Casx

Una voce graffiante, un singolo dietro l’altro che anche ad impegnarsi, non potete non averla sentita anche solo nominare, eppure oggi vi diciamo: non fermatevi al suo nome, che si pronuncia Casper se ve lo state chiedendo, ma andate a fondo ed ascoltate. Una voce graffiante, quella che mancava ad una scena usurata, dove il rock sembra far riferimento ad una scena ormai lontana e morta, che mal si contamina, che mal si combina con con l’urban, questo urban che sembra essere imprescindibile per piacere agli editor di Spotify. Gli ingredienti di Casx sono l’oscurità, un passato emo, a frequentare le Colonne di San Lorenzo a Milano, un film dietro l’altro e nessuno con cui parlarne, tantissima solitudine e una sfida: vi ritroverete a cantare “tanto domani saremo bombe”, senza che ve ne accorgiate. 

Angelae

L’abbiamo notata con il brano Più male di così, di una oscurità profondità e con un’aurea vintage che manca per lo più ai brani pop di oggi. Sembra di vivere negli anni Ottanta, con quei synth martellanti, e questo brano sarebbe piaciuto ai Bluvertigo, che l’avrebbero rubato, omaggiato, adorato. Angelae ci fa ballare sui mali del mondo, scatenare sulle notizie brutte al telegiornale, con luci al neon e scatti a pellicola. Un viaggio nel tempo, senza rinunciare ai canoni del cantautorato indie che può assecondare i numeri, gli algoritmi e i dettami che quando andavano di moda questi synth non erano cosa di cui occuparsi. Una voce fantastica, che sa essere anche ironica, che piacerebbe anche ai vostri genitori che ascoltavano i Depeche Mode. Angelae è una voce fuori dal coro, una diva dell’underground, un’attesa per il 2025 che non sapevate ancora di avere. 

Not My Value

Loro sono un duo elettronico, ma non solo, e la voce di Lisa che ormai riconosceremmo tra mille, farà vibrare Milano, e non solo. Il loro singolo “Sign Language” è un tuffo profondo in un mare di sensazioni diverse, per chi ha amato i Portishead e per chi non può fare a meno dei Massive Attack, ma qui dentro c’è anche la storia di una scena inesistente che resiste, che esiste tutt’ora, anche se spesso non la vediamo, rifugiati in un loop infinito a caldissimo di brani proposti dall’algoritmo. I Not My Value sono una sfida, un nuovo inizio per il 2025 dove tra i propositi non possiamo che imporci di uscire dalla nostra comfort zone. “Sign Language” come suggerisce il titolo, è la storia di una conversazione, senza parole, un territorio oscuro in cui ci sentiamo insicuri, ma che non possiamo fare a meno di percorrere. Per chi ama essere un pantofolaio, e per chi allo stesso tempo vorrebbe fare le quattro di mattina, per chi vorrebbe essere la persona più interessante agli aperitivi, ma non fa che ascoltare ancora una volta, lo stesso disco di Björk che amava al liceo. I Not My Value raccontano questa storia ossimorica, un tunnel buio e ossessivo, rassicurati dalle influenze che più abbiamo amato.

Laison

E che di voci femminili che sanno inquietare, che si muovono nel buio, e che sanno essere rock, crediamo di avervelo già dimostrato con i nomi precedenti, eppure eccoci qui, anche con Laison. “Vetro”, il suo ultimo singolo, è un brano che parla a quella voce che ci dice cosa fare e a cui noi ci affidiamo senza fare domande, la debolezza più estrema che risiede silenziosamente dentro di noi. Complice anche la produzione elettronica, che affonda negli anni Ottanta, quella di Laison diventa una danza macabra: un manifesto crepuscolare per tutte le ragazze che si sentono bloccate in loro stesse, ossessionate da quelle vocine che ci limitano, che ci rendono timide e indifese, ma con una veste incredibilmente rock. Brava Laison, un altro di quei nomi che ci tengono carichi per il 2025, che sarà denso di donne come lei: malinconiche, aggressive, affascinanti e talentuose.

Dada Sutra

E se parliamo di donne talentuose, non possiamo che parlare anche di Dada Sutra (al secolo: Caterina Dolci, anche bassista de Le Bambole Di Pezza), anche se forse sarebbe più corretto definirla un’aliena: anche lei da Milano, racconta nel suo album di debutto un amore tossico, ossessivo, di quelli totalizzati e adolescenti che non fanno che conquistarci in ogni romanzo, in ogni film, e in ogni disco, come questo. Se avete visto The Substance, ma anche il Cronemberg più disturbato, ritroverete qui le stesse sensazioni, ma in musica: quella di non riuscire a staccare gli occhi da un’immagine che non vorreste vedere. Rock, jazz, disturbante, paranoico, lamentoso, estremo, Dada Sutra è un essere caleidoscopio che ci ha conquistato sin dal primo lontano ascolto, e siamo felici di vederla qui, davanti a questo piccolo nuovo inizio.

Leanò

Anche lei l’abbiamo seguita da quei primi esordi, e se abbiamo capito qualcosa di questa ragazza così produttiva e sfacciatamente sincera è che un suo brano si compone di: mare, relazioni sospese, un po’ di autoironia e una nuova produzione più urban, di suoni elettronici che condiscono disagi urbani. Il suo ultimo singolo, Caselle di posta è la compagnia femminile perfetta, quella di un’amica che davanti a un caffè ti racconta la sua ultima avventura, il suo ultimo amore perduto in pochi giorni, di come vorrebbe spiarlo guardando alle sue finestre, come caselle di posta, e non solo scambiare con lui degli sterili messaggi. La musica come compagnia, Leanò come amica virtuale, segreta, spirituale. Noi aspettiamo fiduciosi il prossimo singolo, il prossimo amore che sfiorisce e la prossima delusione a Milano, guardando il mare. Avete già ascoltato la vostra cantautrice preferita?

Beatrice Pucci

E se parliamo di amori estivi, pensati in inverno, non possiamo che parlare di quel suo disco dal titolo Indietro, che inizia proprio con la straziante Solo il tempo. Una cantautrice minimalista, che usa poche parole, tutte violentissime, e pochi suoni, poco di tutto che scava facilmente nell’animo, in questo freddo di nebbia e routine, a guardare quel ragazzo che ci ha devastato un’estate lontana, che non riusciamo a dimenticare. Non è un disco di quest’anno, e lei sembra sparita, affondata in una scena indipendente da cui è difficile emergere, ma noi la ricordiamo come un amore estivo, e ogni tanto torniamo qui: a questo disco doloroso che sa di salsedine e foschia, sussurrato e personale, che quasi conviene tenerlo segreto, per evitare di banalizzare questo dolore che qui diventa bellissimo.

Clio M

E a proposito di dischi che abbiamo ascoltato, amato, e che poi ci hanno lasciato in attesa di un capitolo successivo, non possiamo che parlare anche di Clio M, che a metà di quest’anno ha pubblicato “Tabula”, quasi in segreto,  senza che se ne parlasse troppo, senza neanche vederla troppo in giro: ma Clio ha il carisma e la voce di una star internazionale, tesa a sfondare questa opprimente scena underground. Colori caldi, una buona dose di femminismo che non stona neanche un po’, giornate normali che si intrecciano con l’urgenza ecologica di un paese di sta disfacendo. L’utilizzo dell’inglese, che spesso ci ritroviamo a criticare, perchè fuori luogo, estremo e nonsense se stiamo parlando a una manciata di ascoltatori, ma qui diventa necessario se, come è giusto che sia, paragoniamo Clio M a grandi nomi come Björk o Arca. Reduce dall’esperienza come Clio & Maurice dove voce e violino, due strumenti solisti, convivono qui magnificamente, come fosse un atto politico. Un grandissimo disco internazionale, che conoscono in pochi, e che potreste recuperare prima della fine dell’anno per inserirlo tra i migliori del 2024. 

Gamaar

E per concludere, o quasi, questa lista di voci femminili che probabilmente non avete ancora ascoltato, non potevamo che ripescare un disco “vecchio”, del 2022. Un disco che è uscito timidamente, senza un tour degno di nota, senza che si potesse pogare sotto questi brani arrabbiati, arrivati dopo il Covid con un tempismo incredibile, ma insieme a una iper produzione musicale che ha oscurato grandi piccoli dischi come questo. La potenza di band come i Ministri, ma con la grinta ossimorica e magnetica di una front-woman di un metro e cinquanta che ce l’ha con il mondo, con questa società fatta di soldi e routine. Un disco dedicato a chi vuole esplodere, a chi vuole camminare a testa alta con la rabbia nelle orecchie, per le strade di provincia, respingenti per gli ambizioni e i rockettari. Se non vi sentite a casa, potete ricominciare da qui, leggendo Kafka e ascoltando rock, come se fossero i primi anni duemila. 

Irene Mrad

Una cantautrice libanese, e lo specifichiamo perché di questi tempi anche solo la rappresentanza di un paese come il Libano, può essere importante. E Irene Mrad si racconta senza filtri, di quella storia d’amore, finita inevitabilmente male, di quella storia che ha fatto incredibilmente male, ma che senza questo male non sarebbe arrivata una canzone come “Una canzone su di noi”. Cantautorato indie e urban si fondono in un brano che parla di tutti, in cui è impossibile non ritrovarsi e nella quale ci si può crogiolare in questo inverno rigido, e incredibilmente malinconico. Un brano per le feste solitarie, per quando siamo circondati da amici e parenti, cibo e allegria, ma noi non possiamo che pensare a quell’ex che ci ha reso delle cantautrici produttive. Un’altra voce al femminile da seguire, perchè nel 2025 potrebbe riservarci delle bellissime sorprese, e non vediamo l’ora. 

bonus per le vacanze: Judith Owen

Non potevamo lasciarvi così, in sospeso, e abbiamo deciso di trovarvi anche una voce femminile che potesse accompagnarvi per le vacanze di Natale. Ed eccoci qui con Judith Owen, quel disco da tirare fuori per riempire la casa prima che arrivino gli ospiti, per non avere il solito Michael Bublé che persino la nonna ora disdegna. Una voce calda, quella sensazione di trovarsi in un film degli anni Cinquanta, reminiscenze jazz, la sensazione di musicisti che suonano insieme come fossero una famiglia, quella di sempre, una cioccolata calda e fumante, e un intero disco dedicato alla festa più bella che esista: il Natale. Judith Owen è quel disco che probabilmente avete sempre aspettato, anche se siete dei rockettari, anche se non potete neanche concepire di metter su un disco dedicato al Natale, eppure se capitate alla Vigilia, con il silenzio del mattino e l’attesa in casa, Judith è lì per voi.