Duprè, ” La Carovana”: la recensione
I Duprè, cioè Paolo Fasciano e Giulia Iannone, sono il cuore pulsante di una famiglia allargata di musicisti con un debole per il busking e un’ irrefrenabile vocazione all’intrattenimento, al debutto per INRI con La Carovana, il loro primo progetto discografico.
Duprè traccia per traccia
Il disco apre le porte con Il malato immaginario, tra Molière e la contemporaneità, con un suono busker ma anche un po’ ska, ritmi controllati e qualche contributo dei fiati. La noia è al centro del testo di Mon Ami, ma il pezzo è tutt’altro che noioso, vagamente francesizzante, con tromba, sordina e un pizzico di egocentrismo.
Vocazione antiglobal in Carta di riso, un po’ meno leggera delle precedenti, con i toni rannuvolati che sono appena attenuati dai cori. Maledetti Duprè torna a toni più ironici, con la voce femminile dominante e l’atmosfera swing. Colpa dei primi americani prosegue su ritmi sostenuti, con un po’ di amarezza.
E’ il pianoforte a introdurre Certi pensieri fanno male, proposizione melodica e malinconica sottolineata dalla tromba e dalle voci che duettano su trame tristi. Musicò è un tantino autoreferenziale (nel disco succede) e segue una fisarmonica particolarmente fantasiosa. Si procede verso orizzonti lontani con L’intramontabile, che fa registrare un movimento interno interessante e stimolante.
Una stagione all’inferno, oltre a citare Rimbaud, acquista un passo baldanzoso per dissertare con relativa allegria di serpenti e dannazione. Il disco chiude con Una strada ai confini del mondo, andamento placido e suoni gentili per un testo ricco di buone speranze.
Album interessante, quello dei Duprè, in grado di alternare pensieri e umori in un disco sempre molto vivo.