En Roco, “Per riconoscersi”: recensione e streaming
Si intitola Per riconoscersi il sesto album degli En Roco. Il suono – nonostante una storia lunga vent’anni – rimane fedele a se stesso ma con un’apertura maggiore alle influenze dei componenti del gruppo. I gusti di ognuno si fanno sentire ma, senza espliciti accostamenti ad un genere, riescono armoniosamente a confluire nello stile En Roco.
Registrato live in tre momenti distinti dell’ultimo anno e mezzo, l’album guarda tanto al periodo 90/2000 quanto a certe venature funk della fine degli anni ‘70, facendo emergere una sfumatura psichedelica di tanto in tanto.
En Roco traccia per traccia
Si parte (piano) con Indolenza, canzone di resa messa in piedi con cautela e con sonorità tranquille e vicine al pop. Situazione musicale che si ripete con le linee semplici di Ho chiuso casa, che dà spazio a una melodia allegra, in totale contrasto con il testo che richiede liberazione e trasmette ansia.
Toni molto più moderati quelli di Isola, che lascia spazio a sconfinamenti quasi psych rock all’interno di un quadro sonoro articolato e a una esigenza meditativa espressa dal testo. Ma anche qui si va in direzione della “libertà”.
Ecco poi i Sassi, con l’accento genovese nel cantato che si fa un po’ più forte e con ritmi quasi ballabili per un brano dolceamaro, che finisce per essere corale.
Si va all’oscuro fin dai primi accordi di Chiamala libertà, con un battito pestato e un duetto vocale che dà vita a una canzone non priva di dramma, né di influenze Seventies.
Inclinazioni narrative e poetiche emergono nella sassosa Il sole è una pietra, costruita un suono per volta ma capace di sollevarsi parecchio, gradualmente.
Pulsa il basso in apertura a In fondo, presto accompagnato dalle tastiere, per un brano che scava profondo. Si funkeggia un po’ in Per riconoscersi, allegra con lati oscuri.
Più tranquilli i modi di Errori, che abbassa un po’ le luci. Che rimangono basse anche in Desideri, languida e con risonanze lunghe, salvo poi risvegliarsi all’improvviso con idee quasi punk.
Si chiude in tranquillità con Monte, che mescola acustica e synth per un risultato sonoro che ricorda qualche songwriter d’Oltreoceano.
Una proposta originale, quella degli En Roco, che si ribadisce album dopo album. La band genovese mescola con sapienza gli elementi a propria disposizione senza curarsi troppo di limiti di genere. Si apprezza la capacità quasi artigianale di costruire canzoni che sanno prendere direzioni inaspettate.